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«Alzare l'età della pensione»

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Seguedalla prima Filippo Caleri Un'ulteriore riforma della previdenza che sarà difficile da far digerire ai lavoratori italiani ma che secondo il Governatore «potrà contribuire, se accompagnato da azioni che consentano di rendere più flessibili orari e salari dei lavoratori più anziani, a elevare il tasso di attività e a sostenere la crescita potenziale dell'economia». Un invito che Draghi ha fatto tenendo conto della sua visione da economista. Visto che il Paese si continua a muovere con il freno tirato per la rigidità del suo sistema produttivo. E che poco ha a che fare con il dibattito politico. Ma il richiamo di via Nazionale ha anche uno risvolto più profondo sull'effettiva conoscenza delle dinamiche della spesa pensionistica da parte dei lavoratori. Il governatore ha infatti ricordato che «l'aumento dell'età di pensionamento è ostacolato dal fatto che molti lavoratori sovrastimano la generosità delle attuali regole pensionistiche», in quanto confrontano la prima pensione con l'ultimo stipendio senza considerare che «i trattamenti sono indicizzati solo ai prezzi e non ai salari». In questo senso «sarebbero utili una migliore informazione ed eventualmente una revisione dei criteri di indicizzazione». In termini più semplici il lavoratore non tiene conto del fatto che la pensione tende a svalutarsi molto velocemente rispetto a un normale salario. Con la conseguenza che chi esce relativamente giovane dal lavoro rischia di trovarsi dopo venti o trenta anni di pensione con mezzi finanziari insufficienti rispetto al tenore di vita medio. «Compatibilmente con l'equilibrio dei conti pubblici - ha sottolineato Draghi - si può anche valutare lo spostamento verso la previdenza complementare, su base volontaria, di una quota limitata della contribuzione destinata alla previdenza pubblica, che è pari a 33 punti percentuali del salario, il valore di gran lunga più alto fra i maggiori Paesi europei». Non solo. Draghi nel suo intervento non ha tralasciato una seconda importante riforma. E cioè quello che riguarda gli ammortizzatori sociali. Il Governatore della Banca d'Italia ha reso gli onori agli interventi del ministro del Welfare Maurizio Sacconi, al quale ha riconosciuto il merito «di avere messo in campo una quantità molto ampia e assolutamente adeguata di misure per superare la crisi». Inevitabile però rimane l'esigenza di una riforma organica. «Nell'anno in corso - ha affermato - sono cresciute le risorse pubbliche destinate al sostegno del reddito di coloro che hanno perso il lavoro. Anche in Italia lo sforzo è stato grande. Superata la fase di emergenza, resta la necessità di adeguare il nostro sistema di ammortizzatori sociali a un mercato del lavoro divenuto più flessibile». Draghi ricorda che «molti lavoratori restano ancora esclusi dalla tutela pubblica» e che «tra le imprese che possono accedere alla cassa integrazione guadagni ordinaria rientrano quelle del settore industriale, ma non quelle del terziario». Sono anche insufficienti, «gli strumenti di monitoraggio e controllo sull'utilizzo dei sussidi», carenza particolarmente rilevante in un periodo in cui «le prevedibili ristrutturazioni di impresa richiederanno rilevanti e dolorosi processi di riallocazione della forza lavoro».

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