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Tremonti contro le banche

Giulio Tremonti

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{{IMG_SX}} ... («non usare gli strumenti di patrimonializzazione è contro gli interessi del paese» ha detto ieri a Cernobbio) guarda anche più avanti. E cioè a estrarre un cartellino giallo verso quel sistema politico-economico che ruota attorno all'asse Milano-Trieste ovvero Generali-Mediobanca e che significa poteri forti in grado appoggiare progetti di politici alternativi all'attuale maggioranza, e identificati con l'appellativo di Grande Centro. Un'entità che non ha ancora contorni definiti ma che potrebbe vedere in pista, tra gli altri, il Governatore di Banca d'Italia, Mario Draghi e Luca Cordero di Montezemolo. Un timore quello di veder salire le quotazioni del nuovo soggetto politico che il ministro avrebbe realmente percepito a metà di agosto. Quando cioè con il beneplacito del Leone di Trieste e di Cesare Geronzi, oggi presidente di Mediobanca, l'immobiliarista Caltagirone, ha acquisito un ulteriore pacchetto di Generali che lo hanno portato vicino al 2% della compagnia assicurativa. Un posizionamento senza pretese ma che sposta non di poco gli assetti di potere n vista del possibile cambio al timone del colosso triestino con l'uscita dell'attuale presidente Antoine Berheim. Segnali impercettibili di assestamento, dunque, in quello che è considerato lo scrigno patrimoniale e finanziario d'Italia in grado di pesare nella politica italiana. Tremonti ha così avvisato tutti che è pronto a utilizzare anche le maniere forti per bloccare eventuali manovre di accerchiamento al governo. E visto le grandi banche italiane sono protagoniste nelle scelte triestine il ministro ha fatto loro capire che non starà certo a guardare un loro appoggio alla tessitura di alleanze politiche alternative. Questo spiega, in parte, la veemenza delle accuse contro gli istituti di credito. «I cosiddetti Tremonti-bond sono stati chiesti dalle banche. È strano che uno strumento che è stato chiesto dalle banche ora le stesse dicano che non gli serve». Sottoscrivendoli «le banche non fanno un beneficio al governo, fanno un maleficio alle imprese» ha aggiunto. Un pressing duro, dunque, non corredato da nomi e cognom ma una pista è facilmente individuabile. «Il modello Mc Kinsey» per gli istituti bancari «non è adatto all'economia italiana» ha detto. Già niente nomi ma l'ad di Unicredit, Alessandro Profumo, e quello di Intesa SanPaolo, Corrado Passera, hanno entrambi un passato nella società di consulenza. E guarda caso sono queste due banche che tengono in buona parte in mano il pallino della partita triestina. Manager che Tremonti può criticare oggi visto che il denaro agli istituti costa poco (l'1%) e in banca i tassi sono stabili (tra il 5 e l'8%). Con guadagni dunque assicurati. Una pratica che si chiama carry trade. E che Tremonti mal digerisce. Insomma, bravi sì, ma come chiunque altro con queste condizioni.

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