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Fiducia e riforme per tornare a crescere

Il governatore Mario Draghi

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Non c'è altra soluzione per far uscire l'Italia dalla crisi che ricostruire la fiducia. Con una strategia in due fasi: la comprensione di quanto accaduto e le riforme mirate per rialzare la crescita dal basso sentiero degli ultimi decenni. Così il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ieri nella Considerazioni Finali, al parterre di banchieri e industriali accorsi a Palazzo Koch, ha illustrato la sua ricetta per uscire da una recessione che ha precipitato il mondo nella difficoltà forse più grave dalla metà del secolo passato. Con la più breve relazione degli ultimi venti anni della storia di Bankitalia, 19 cartelle, dense di numeri e ricche di esortazioni a banche e governo, Draghi ha lanciato il suo messaggio al Paese chiudendo il 115 esimo esercizio dell'Istituto, aprendo alle richieste avanzate dalle aziende sull'accesso al credito e riconoscendo al Governo il merito per aver sostenuto i redditi e per la riforma della pubblica amministrazione. Ma tutto quanto fatto finora non è stato ancora sufficiente. Il problema da aggredire è infatti quello legato al fatto che «negli ultimi vent'anni la nostra è stata una storia di produttività stagnante, bassi investimenti, bassi salari, bassi consumi e tasse alte» ha detto Draghi. Una criticità non insormontabile. Da Via Nazionale sono arrivati segnali di incitamento e di stimolo, senza lasciare spazio al pessimismo: «La fiducia non si ricostruisce con la falsa speranza», ha spiegato «ma neanche senza speranza: uscire da questa crisi più forti è possibile». Anche perché dopo aver confermato il dato terribile della caduta del 5% del Prodotto interno lordo nel 2009, dopo un calo dell'1% nel 2008, il Governatore ha parlato di segnali secondo i quali la luce in fondo al tunnel si ricomincia a vedere. «Dalla metà di marzo le tensioni sui mercati finanziari si sono allentate» e se è vero che «non è ancora possibile individuare con certezza una definitiva inversione ciclica» ormai molti previsori nel mondo sono convinti che «la crescita riprenderà nel 2010» ha aggiunto il Governatore. Ecco i temi più importanti della sua relazione. Crescita. Il problema principale per il Governatore è come agganciarla e svilupparla. «Ogni paese affronta la crisi con le sue forze, le sue debolezze, la sua storia. La risposta è anche nazionale», ha osservato il numero uno di Via Nazionale dopo aver riconosciuto la necessità di un maggiore coordinamento nella vigilanza internazionale e aver sottolineato l'importanza in questa direzione degli organismi internazionali, dal Fondo monetario internazionale al consiglio per la stabilità finanziaria (Fsb) da lui stesso presieduto. Gli effetti della crisi, afferma Draghi, «saranno per noi italiani più o meno gravi a seconda delle scelte che faremo». Riforme. Sono la medicina necessaria per far restare il Paese tra i più avanzati del pianeta. Per il banchiere centrale alcune sono indispensabili come il completamento degli ammortizzatori sociali, la ripresa degli investimenti pubblici, le azioni di sostegno della domanda e del credito. Tutti aspetti che «avranno gli effetti sperati se coniugati con riforme strutturali, non solo per dire ai mercati che il disavanzo è sotto controllo, ma perché queste riforme costituiscono la piattaforma della crescita futura». Le banche. La crisi ha colpito nel profondo il tessuto produttivo. Il pil a picco (-7% nel semestre ottobre-marzo), un disavanzo destinato a superare il 5% nel 2010, imprese che dal monitoraggio sul territorio condotto dalle filiali di Via Nazionale lamentano stime di un forte calo del fatturato, che per molte supererà il 20%. Per fronteggiare la situazione gli istituto di credito non devono far mancare ossigeno alle aziende. Ma l'interpretazione del comportamento da tenere rischia di diventare l'unico punto sul quale l'antico e sotterraneo conflitto con il ministro Tremonti può riaffiorare. Sì perché a dispetto di quanto il ministro dell'Economia chiede da tempo alle banche e cioè, in sintesi, di aprire i cordoni della borsa, Draghi ha affermato che non si può chiedere ai banchieri di allentare la prudenza nell'erogare il credito: «quel che si può e si deve chiedere è di affinare la capacità di riconoscere il merito di credito nelle presenti, eccezionali circostanze. Insomma valutino il merito di credito dei loro clienti con lungimiranza». Gli istituti, ha ribadito Draghi, «non hanno eredità pesanti nei loro bilanci» e gli stress test condotti finora indicano la capacità del nostro sistema bancario di resistere anche a scenari più sfavorevoli», ma bisogna utilizzare questo vantaggio per affrontare «un presente e un futuro non facili». Allarme occupazione. A soffrire di più la crisi sono sono i lavoratori: quelli in cassa integrazione e quelli in cerca di nuova occupazione sono pari già all'8,5%. E nel futuro sono destinati a salire oltre il 10%. Tanti e troppi per non mettere in campo azioni innovative nel campo del sostegno del reddito. Necessaria dunque una «riforma organica e rigorosa, che razionalizzi l'insieme degli ammortizzatori esistenti e ne renda più universali i trattamenti. Non occorre rivoluzionare il sistema attuale - ha osservato Draghi - lo si può ridisegnare intorno ai due tradizionali strumenti della cassa integrazione e dell'indennità di disoccupazione, adeguati e calibrati«. Pensioni. Immancabile il passaggio sulla revisione dei meccanismi per assicurare la rendita a fine vita lavorativa. Draghi si è inserito nel dibattito che nel Paese è giù ripartito sull'opportunità di una nuova legge che innalzi gradualmente incremento dell'età media effettiva di pensionamento. Solo questo assicurerà l'erogazione di pensioni di importo adeguato ha osservato il Governatore. «Un più alto tasso di attività tra i 55 a 65 anni innalzerà sia il reddito disponibile sia il potenziale produttivo dell'economia». Fiducia. È l'elemento più importante da recuperare per rendere effettiva la ripresa. «Occorre sanare la ferita che la crisi ha aperto nella fiducia collettiva: non è il lavoro di un giorno. Molto resta da fare per ricreare posti di lavoro, per restituire vigore alle imprese, per riparare i mercati finanziari, per meritare la fiducia dei cittadini».

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