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Il fronte tedesco di Fiat

L'ad Fiat Sergio Marchionne con il neo-presidente Fiat Elkann

E il titolo vola in Borsa

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Fiat nell'acquisizione della tedesca Opel ci crede. Così la holding torinese, per superare le resistenze di quanti in Germania non la vedono di buon occhio al comando della casa automobilistica teutonica, ha messo in campo la tattica dell'ammorbidimento. Vale a dire: nessuna velleità di dominio ma solo messa a fattor comune delle rispettive capacità produttive. Questo il senso della nota che ieri in serata è uscita al termine del consiglio di amministrazione del Lingotto. «Se la fusione con Opel dovesse andare in porto, il Gruppo Fiat è pronto a valutare varie operazioni societarie, compreso lo spin-off di Fiat Group Automobiles in una società quotata che ne unisca le attività con quelle di General Motors Europe». Il cda Fiat «ha preso atto dei recenti accordi conclusi con la Chrysler», ha spiegato il comunicato e «ha dato anche il suo pieno appoggio all'iniziativa che sarà portata avanti nelle prossime settimane dall'amministratore delegato, Sergio Marchionne, volta a verificare se vi siano i presupposti per l'integrazione in una nuova società delle attività di Fiat Group Automobiles, inclusa la partecipazione in Chrysler, e di General Motors Europe». «Se l'operazione verrà finalizzata, si creerebbe un gruppo automobilistico con un fatturato di circa 80 miliardi di euro», ha aggiunto il comunicato, spiegando che «in questo quadro, il Gruppo potrebbe valutare varie operazioni societarie, compreso lo spin-off di Fiat Group Automobiles in una società quotata che ne unisca le attività con quelle di General Motors Europe». L'obiettivo di tutte queste operazioni, conclude la nota, è quello di assicurare il miglior sviluppo strategico del settore automobilistico. Torino insomma ha messo le mani avanti considerando che oggi a Berlino Marchionne non lo aspettano certo a braccia aperte. Entrerà in Germania sventolando il contratto con il quale il presidente Usa, Obama, gli ha aperto le porte della Chrysler sull'orlo del fallimento. E un successo del genere al sentimento nazionalistico teutonico proprio non piace. Ma tant'è. Oggi ci sarà il primo contatto nel corso del quale Marchionne e i suoi manager spiegheranno al ministro dell'economia e a quello degli esteri tedeschi i progetti della casa torinese per la società controllata da General Motors. A supporto il lavoro di spalla del presidente del Lingotto. Luca Cordero di Montezemolo: «Opel sarebbe per noi una straordinaria opportunità, sarebbero i nostri partner ideali, nascerebbe un gruppo molto forte», ha spiegato ieri in un'intervista al Corriere della Sera. Ma non sarà facile fare breccia in Germania. Sindacati e dipendenti tedeschi sembrano più ostili verso il gruppo italiano che, dicono, per diventare partner di maggioranza della società simbolo dell'industria automobilistica tedesca, ha preparato un'offerta inferiore a 750 milioni di euro, e «vuole mettere al sicuro la rischiosa acquisizione della Chrysler con i miliardi dei contribuenti tedeschi». I ministri dell'Economia, Karl-Theodor zu Guttenberg, e il titolare degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier mantengono, invece, equidistanza dai vari candidati e avrebbero fissato una serie di paletti, primo fra tutti quello relativo alla sopravvivenza nel lungo periodo degli stabilimenti Opel in Europa. Zu Guttenberg ha anche precisato che lo Stato non vuole acquistare azioni Opel. A contendere il campo alla Fiat c'è solo Magna il gruppo austro-canadese che assieme al costruttore russo Gaz e alla banca russa Sberbank, Magna è disposto a investire 5 miliardi di euro. La prima mossa Marchionne l'ha fatta. Ora tocca ai tedeschi muovere.

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