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Fiat-Chrysler: c'è l'accordo

I centri direzionali di Chrysler e Fiat

Ora Marchionne punta su Opel

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L'azienda Italia ce l'ha fatta. L'unione tra la Chrysler, colosso americano dell'auto, e la Fiat è una realtà. La benedizione, l'ultima, la più attesa, perché quella risolutiva delle trattative che da oltre un mese avevano impegnato i manager dei due gruppi è arrivata ieri alle 18 italiane. Il presidente Usa, Barack Obama, ha detto: «Sono lieto di annunciare che Chrysler e Fiat hanno raggiunto un accordo di partnership». Il Lingotto ha centrato l'obiettivo. E grazie a uno dei manager più brillanti che il Paese abbia prodotto la tecnologia italiana è stata la prescelta tra quelle possibili in tutto il pianeta per il nuovo corso automobilistico Usa. Non solo design, dunque. Ma anche sistemi produttivi, motori e piattaforme. In una parola la sostanza, dei nuovi veicoli, sarà di concezione italiana. Ci hanno creduto tutti all'altra parte dell'Oceano, e per primo il presidente Usa, nella superiorità del Lingotto nella produzione di auto meno inquinanti e più economiche (con delusione e rammarico evidenti da parte dei tedeschi). «La Fiat ha dimostrato di poter produrre quelle automobili pulite ed efficienti nel consumo che sono il futuro della industria automobilistica» ha detto Obama. Insomma il nuovo sogno americano di un'industria più rispettosa dell'ambiente sarà supportato dal tricolore. «La Fiat ha accettato di trasferire alla Chrysler tecnologia d'avanguardia del valore di miliardi di dollari che aiuteranno la Chrysler a produrre negli Usa auto dal consumo e dal motore efficienti». Non è stato facile nemmeno per la Casa Bianca trovare la quadra per un processo così complesso. Lo stesso Obama lo ha riconosciuto sottolineando che l'accordo è stato raggiunto con successo solo perché «vi sono stati sacrifici senza precedenti» da parte delle varie parti in causa, a cominciare dai sindacati. Il principale vincitore della partita è l'ad del miracolo, Sergio Marchionne. Che dopo la lunga marcia di avvicinamento a un risultato epocale ha chiosato: «Credo che l'operazione appena conclusa rappresenti per la Fiat e per tutta l'industria italiana un momento storico. È un importante passo avanti nell'impegno di gettare nuove e solide basi per il futuro». Nel dettaglio Torino fornirà a Chrysler diritti relativi a diverse piattaforme, tecnologie e modelli, nonché servizi di management, cooperazione e assistenza nelle principali aree di attività di Chrysler, quali gli acquisti e la distribuzione a livello internazionale. In cambio il Lingotto riceverà una quota del capitale di Chrysler. L'operazione sarà effettuata tramite la cessione accelerata di sostanzialmente tutti i beni di Chrysler ad una NewCo (un nuova società costituita ad hoc) in base a determinate previsioni della legge fallimentare statunitense. Al termine delle operazioni, la NewCo assegnerà a Fiat una quota equivalente al 20% del capitale e dei diritti di voto. La nuova Chrysler sarà gestita da un Cda composto da nove membri. Tre amministratori saranno nominati da Fiat che avrà il diritto di ricevere un'ulteriore partecipazione del 15% (sia in termini di valore sia di diritti di voto) in tre tranche da 5% ognuna, subordinate al raggiungimento di obiettivi predeterminati. Al termine del processo di accrescimento nell'azionariato Marchionne avrà anche il diritto di nominare un ulteriore amministratore di Chrysler. Inoltre, a Fiat spetterà l'opzione di acquisto per un ulteriore 16% (esercitabile dal 1 gennaio 2013 al 30 giugno 2016). Ma Torino non potrà superare la quota di partecipazione del 49% fino a quando l'intero debito verso il Dipartimento del Tesoro statunitense non sarà stato rimborsato. Il governo americano è impegnato a fornire l'assistenza necessaria a Chrysler con circa 3,3 i miliardi di finanziamenti per supportare la casa auto in una bancarotta rapida. Ed è già in pista un prestito ulteriore da 4,7 miliardi di dollari. In Italia gli applausi sono arrivati in maniera bipartisan. In fondo ha vinto tutta l'Italia. Non ci possono essere divisioni sul risultato. Per il primo Silvio Berlusconi: «l'accordo raggiunto rappresenta un'ulteriore testimonianza delle forti relazioni economiche e commerciali tra Italia e Stati Uniti ed è una dimostrazione tangibile dell'impegno comune dei due paesi nel fronteggiare l'attuale difficile congiuntura economica internazionale». Apprezza il ministro Scajola: «motivo di orgoglio per tutto il Paese». Si unisce Franceschini, segretario del Pd: «un concreto segnale di speranza in questo difficile momento storico». E poi il ministro Matteoli: «Premiata la tecnologia della nostra industria automobilistica». Orgogliosa anche l'industria italiana con il presidente di Confindustria Marcegaglia: «Fiat ha dimostrato la capacità di muoversi prima delle altre grandi case automobilistiche internazionali». E Tronchetti Provera presidente di Pirelli: «È una grandissima operazione industriale, è un segnale importante per l'Italia, per l'economia in generale». Ora sulle strade americane con molta probabilità cominceranno a sfrecciare modelli e i marchi mitici dell'auto italiana: la Cinquecento e l'Alfa Romeo. Proprio quella dinnanzi alla quale il padre dell'auto Usa, Henry Ford, si toglieva il cappello ogni volta che ne passava una. L'auspicio è che ogni americano adesso ritorni a farlo.

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