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Povertà, quel divario tra Nord e Sud

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Nell'intensità della povertà (di quanto, in percentuale, la spesa di famiglie/persone povere si discosta dalla soglia di povertà) la differenza tra aree geografiche è limitata: nel 2007, 15,1% al Nord, 12,3 al Centro, 18,2 al Mezzogiorno. È nella diffusione dei casi di povertà assoluta che emerge un vero e proprio stacco tra il Mezzogiorno e il resto del Paese, di fatto due realtà socio-economiche diverse: nel 2007, 3,5% al Nord, 2,8 al centro, 6 al Mezzogiorno. Nel passaggio dal Nord al Mezzogiorno, la povertà assoluta raddoppia. La crisi ha poi coinvolto tutto il Paese. Il FMI ha appena tracciato delle previsioni pesanti per l'Italia: due anni di decrescita, il 2009 di -4,4% e il 2020 di -0,4%, con deficit sopra la soglia di Maastricht e debito pubblico nuovamente su sentiero esplosivo, come prima della grande stagione del consolidamento dei conti. E se per alcuni versi è plausibile che, in termini relativi, a soffrirne maggiormente siano le famiglie a basso reddito delle grandi città e del Centro-Nord (costo della vita più elevato, passaggi da occupazione a cassa integrazione o disoccupazione minore presenza di economie e reti di protezione familiari ed informali, etc.), è anche plausibile che sul tessuto produttivo del Mezzogiorno i segni negativi restino più a lungo o addirittura diventino strutturali. È già successo altre volte. I dati Istat suggeriscono oggi una duplice riflessione. Una sulla efficacia della Nuova Programmazione Regionale, che negli ultimi dieci anni, nonostante l'ingente impegno di risorse a favore del Mezzogiorno, non è riuscita a creare condizioni di sviluppo concreto e stabile. L'altra sulle prospettive di azione. Perché, se non ci sono dubbi che è il federalismo a dover prendere il posto della programmazione speciale e d'urgenza, è giusto anche interrogarsi a fondo sui tempi e sui modi della sua implementazione. Il federalismo è, attraverso i guadagni di trasparenza, responsabilizzazione ed efficienza che rende possibili, una delle riforme più importanti per sostenere la convergenza delle Regioni meno sviluppate del Mezzogiorno. Ma per espletare i propri effetti positivi il federalismo necessita di essere coadiuvato e sostenuto dalle altre riforme strutturali Paese, soprattutto negli anni post crisi, di crescita stagnante e di finanza pubblica in affanno che ci attendono. Nel contempo riforme anticrisi e riforme per ammodernare il Paese: apertura a concorrenza dei mercati di beni e servizi, riforma del lavoro e decentramento della contrattazione, riforma delle pensioni e del welfare.

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