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Novecento mila posti a rischio

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Non solo, secondo un calcolo del sindacato di via Po, attualmente quasi 180.000 lavoratori del settore industriale sono coinvolti in crisi e ristrutturazioni aziendali, molte delle quali sono maturate negli ultimi due mesi. Lo studio fornisce infatti una lunga lista che ha raggiunto il numero di 179.552 lavoratori, contro i 20.000/25.000 che si stimavano a giugno a rischio occupazione. "Non sono compresi - spiega il rapporto - perche' di difficile stima, i lavoratori interinali e con contratto a termine, cui non e' stato rinnovato il contratto". Per le aziende ci sono nomi importanti. "Oltre Fiat e Alitalia - spiega il segretario confederale, Gianni Baratta - la Guzzi, Lucchini, la Riello di Lecco, la Ratti di Como, Electrolux, Antonio Merloni, Pinin Farina e Carrozzerie Bertone, Granarolo, Campari, Unilever e Natuzzi. Diversi distretti industriali sono in difficolta', come la lana a Prato e Biella, la seta a Como, il calzaturiero nelle Marche, il mobile in Puglia e Basilicata, l'orafo ad Arezzo". Non solo: Baratta aggiunge che nelle ultime settimane si sono moltiplicati i segnali di difficolta' del sistema industriale che arrivano alle sedi sindacali, ben al di la' delle ultime rilevazioni ufficiali, ferme ad agosto o settembre, prima che la crisi finanziaria manifestasse i suoi effetti sull'economia reale. "Un esempio, fra i tanti - aggiunge - e' il quasi raddoppiato (+94%) a ottobre il numero dei lavoratori coinvolti da situazioni di crisi aziendale nell'industria meccanica della Lombardia, in appena tre mesi lavorativi". Secondo la Cisl, non e' difficile prevedere che, "in assenza di correttivi rilevanti, la recessione provochera' una selezione di tipo darwiniano, all'insegna della sopravvivenza dei piu' forti". Il sindacato di via Po spiega che sono maggiormente a rischio: l'area d'imprese, che pur non in crisi aperta, naviga sul filo della sopravvivenza; le imprese, d'ogni dimensione, piu' indebitate e poco solide dal punto di vista finanziario, gia' oggi sottoposte ad un ben piu' critico vaglio delle banche nella concessione di credito; le imprese dell'indotto fornitrici di componenti, costrette ad assorbire le difficolta' delle imprese clienti; i lavoratori con minore professionalita' e meno giovani; i lavoratori con contratti a termine.   Se e' permessa una metafora - si legge ancora nel rapporto - una parte del sistema industriale rischia di navigare al limite della linea di galleggiamento, al di sotto della quale si rischia di annegare. Resiste meglio chi ha polmoni finanziari piu' capaci. Tuttavia, per gli effetti strutturali che possono manifestarsi in termini di riduzione della base produttiva l'intensita' ed i tempi di durata della crisi sono di importanza cruciale. Quanto si puo' resistere sotto il livello dell'acqua?". Per questo, come risposta immediata alla crisi, la Cisl ha gia' chiesto al Governo, e in parte ottenuto, misure per: il sostegno ai redditi di fascia media e bassa (misure fiscali) e l'adeguamento degli ammortizzatori sociali. Fra i temi di politica industriale, una delle cosa da fare subito e', secondo il sindacato di via Po, il sostegno al finanziamento delle Pmi. "Le Pmi italiane, - si legge nel rapporto - tradizionalmente sottocapitalizzate e dipendenti dal credito a breve, rischiano di pagare pesantemente la crisi del mercato del credito. Su cio' occorre aprire rapidamente un Tavolo istituzionale. Vanno rapidamente definite e rese operative misure nazionali d'accesso al credito secondo garanzie collettive e nuovi strumenti giuridici per aggregare le imprese in reti, gruppi d'interesse e filiere". Inoltre il sindacato chiede l'avvio di nuova politica per l'energia. "Il settore energetico e' un punto critico, per gli elevati costi che impone al paese, alle imprese ed alle famiglie - spiega lo studio - Su questo fronte, che comprende la diversificazione del mix delle fonti primarie, nuove tecnologie d'efficienza energetica, energie rinnovabili ed ambiente, la Cisl intende incalzare con decisione e chiede risposte". Infine, l'avvio di una nuova politica industriale, con un'integrazione nello spazio europeo dei settori di punta, delle tecnologie energetiche e della Ricerca. "A livello nazionale e' importante il lancio di una politica incisiva per i distretti industriali ed Il trasferimento di una quota delle risorse nazionali per incentivi alle Regioni, in grado di attivare aggregazioni territoriali e promuovere innovazione". All'Unione Europea la Cisl invece chiede "un grado maggiore di pragmatismo e di flessibilita' nel valutare sforamenti e tempi di rientro nei parametri di Maastrich per paesi come l'Italia, se si tratta di spese anticicliche con interventi mirati (come investimenti pubblici, sostegno al reddito e all'occupazione)". In caso contrario per il sindcato di via Po "i prezzi della crisi per il nostro Paese saranno fra i piu' alti in Europa". Ancora la creazione di nuovi strumenti monetari europei, come gli eurobond, richiesti anche dalla Ces, per finanziare con nuovo capitale netto la realizzazione di grandi opere ed infrastrutture strategiche.  

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