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Coin mette la Capitale nel mirino

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Un'operazione da 1,5 milioni di euro» spiega a Il Tempo, Stefano Beraldo, amministratore delegato del Gruppo Coin. Insomma la Capitale è nel mirino? «Crediamo molto nel suo ulteriore sviluppo. A Roma abbiamo quasi 40 mila metri di superfici di vendita e 500 addetti». Sul vostro fatturato quanto pesa Roma? «Circa 10% e, considerando il Lazio, superiamo il 15%. Per questo stiamo puntando molto sulla riqualificazione dei punti vendita della città». A che punto siete? «Abbiamo già ristrutturato sei OVS con investimenti per circa 5 milioni di euro. Quest'anno contiamo di ampliare il punto vendita del centro commerciale della Romanina. La sua superficie passerà da 1200 a 2 mila metri con investimento di 1,5 milioni di euro. Questo ne farà la prima nostra filiale in Italia. Nel 2009, tra gli altri, passeremo al rifacimento del Coin di via Cola di Rienzo». Avete in mente nuovi punti vendita? «Manca il nostro marchio nelle vie centrali di Roma. Stiamo cercando una nuove sede nel centro storico per OVS». Può fare una cifra del vostro business e il modello che state perseguendo? «Il gruppo fattura oltre un miliardo, di cui oltre 350 da parte della Coin e la restante parte da Ovs. Per la Coin abbiamo puntato sull'apertura di nuove sedi. Le ultime due sono state aperte a Fiumicino e a Lunghezza. Per la Oviesse stiamo scommettendo su merce con un buon rapporto qualità-prezzo e con un taglio più «modaiolo». Reagite così alla crisi dei consumi? «Non stiamo reagendo come vorremmo perché il sistema legislativo e amministrativo è vincolante. Non possiamo fare svendite promozionali e questo penalizza il cliente. E c'è ancora una forte resistenza alle aperture domenicali. L'auspicio è per una regolamentazione che dia più liberalizzazione». Quali obiettivi avete a livello commerciale per il 2008? «Cifre non ne diamo ufficialmente. Ma crediamo di poter non modificare gli obiettivi e confermare le previsioni. Riteniamo, sulla base degli andamenti economici, che la leggera contrazione delle vendite sarà compensata». Ci sono piani per allargare il business? «Stiamo entrando nel mondo delle licenze. E la prima operazione è stata la presentazione a Pitti bambino della prima collezione Love Therapy di Elio Fiorucci. La strategia è semplice: aiutamo gli stilisti di piccole dimensioni a produrrre maggiori quantità di capi, grazie alla nostra capacità industriale, e vendiamo il marchio nei nostri store. Con un beneficio per entrambi». La vostra proiezione sull'estero? «Stiamo crescendo molto nell'Est Europa e in particolare in Serbia e Ungheria. Attualmente abbiamo 23 negozi all'estero. E siamo presenti oltre che nei paesi balcanici nei mercati arabi e in Russia». Fil.Cal.

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