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La più grande azienda italiana? La Mafia Spa...

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E'quanto emerge dal decimo rapporto Sos Impresa presentato oggi dalla Confesercenti, alla presenza del viceministro dell'Interno, Marco Minniti. Il rapporto evidenzia "il crescente condizionamento delle organizzazioni criminali di stampo mafioso nel tessuto economico del Paese". Dei 90 miliardi che costituiscono il giro d'affari stimato delle organizzazioni mafiose, circa 30 miliardi costituiscono un costo per i commercianti. Il fatturato mafioso trova infatti i suoi principali canali di alimentazione nell'usura e nell'imposizione del pizzo alle attività commerciali. Sono 160 mila i commercianti che pagano il pizzo, di cui ben 132 mila in quattro regioni (Sicilia, Calabria, Campania e Puglia). Le province più a rischio sono Caltanisetta, Vibo Valentia, Catanzaro e Reggio Calabria. I commercianti taglieggiati rappresentano oltre il 205 dei negozi italiani. Percentuale che dale all'80%, in città del Sud come Catania e Palermo. Di poco inferiore il numero delle persone vittima dell'usura, "un fenomeno sociale diffuso" che, ha spiegato il rapporto, "si espande secondo la congiuntura economica".Nel triennio 2004-2006, 165 mila attività commerciali e 50 mila alberghi e esercizi pubblici sono stati costretti alla chiusura. Il numero di commercianti coinvolti in rapporti usurari, è oggi stimato in oltre 150 mila, e poichè ciascuno si indebita con più strozzini le posizioni debitorie possono essere ragionevolmente stimate - secondo l'indagine - in oltre 450 mila. Ciò che suscita più allarme è che sono almeno 50 mila le associazioni per delinquere di tipo mafioso finalizzate all'usura. Nel complesso, il tributo pagato dai commercianti ogni anno a causa della lievitazione del capitale e degli interessi si aggira attorno ai 12 miliardi di euro. Ma l'assalto della criminalità organizzata, ormai, ha compiuto il salto di specie, e nel mirino non ha più solo il piccolo commerciante o imprenditore. Secondo la Confesercenti la mafia arriva a condizionare anche grandi gruppi industriali nazionali. Infatti si estende l'area della cosiddetta "collusione partecipata" che investe il gotha della grande impresa italiana, soprattutto quella impegnata nei grandi lavori pubblici, che preferisce venire a patti con la mafia piuttosto che denunciarne i ricatti. "Si tratta - si legge nel rapporto presentato dal presidente di Confesercenti, Marco Venturi - per lo più di grandi imprese che scendo a patti per il 'quieto vivere', quasi a sottoscrivere una polizza preventiva, perché la connivenza rende più forti rispetto alla concorrenza, perché per stare dentro certi mercati bisogna fare così, o semplicemente perché è più conveniente".

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