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Alitalia, conto alla rovescia per Cimoli

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Ieri l'incontro a Palazzo Chigi. Scatta il totonomine: in pole position Basile, numero uno di Adr

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Con Maurizio Basile, nominato amministratore delegato di Adr da neppure un anno, in pole position. L'instabilità nella plancia di comando anche ieri ha avuto riflessi negativi sul titolo che già a metà mattina cedeva il 3,15% a 0,79 euro per chiudere a -2,70% a 0,79 euro. Il conto alla rovescia sarebbe quindi già cominciato: Cimoli, accusato di non aver portato fuori dal tunnel delle perdite l'ex compagnia di bandiera, è stato ricevuto ieri a Palazzo Chigi dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Enrico Letta. Al centro del colloquio ci sarebbe stata la situazione di Alitalia e il nuovo piano industriale, ma in molti scommettono che Letta abbia anticipato a Cimoli la brutta notizia attesa da sindacati e alcuni esponenti del governo: la perdita della poltrona a via della Magliana. Tra le possibili alternative, nelle scorse settimane erano circolati anche i nomi di Maurizio Prato, ex alto dirigente Iri oggi alla guida di Fintecna, e Giovanni Sebastiani, ex amministratore delegato di Meridiana. Il dossier sulla compagnia è ora tra quelli più urgenti che attendono il premier Romano Prodi, che da Shangai ha spiegato: «Il problema è avere un'azienda che riprenda a girare per il mondo e quindi avere un partner che permetta ad Alitalia di riprendere il ruolo che ha quasi perduto». Intanto, all'orizzonte c'è un altro sciopero - in programma per lunedì prossimo - proclamato dalle sigle autonome ma che ha incassato il sostegno dei sindacati confederali, Up, Ugl. «Va bene cambiare i vertici, ma vogliamo un nuovo piano industriale e che il Governo ci metta la sua faccia», ha detto il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni. Mentre il vicepremier Rutelli è tornato sull'ipotesi di un alleato asiatico. Il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro punta l'attenzione sull'eventuale buonuscita di Cimoli e porta l'esempio Anas, dove «la mancata fiducia da parte del Governo, ha costretto alle dimissioni e non «a un lauto assegno di liquidazione», riferendosi alla buonuscita miliardaria incassata da Elio Catania, sostituito prima della scadenza del suo mandato al vertice delle Ferrovie.

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