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Oggi i cda dei due istituti chiariscono i dettagli della fusione Ma in Borsa la capitalizzazione è già aumentata di sei miliardi

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Ma le nozze tra Torino e Milano, non ancora celebrate, hanno già portato una buona dote ai due sposi: in due giorni il valore della capitalizzazione è salito di quasi sei miliardi. Insomma il mercato ha già approvato, nei fatti, l'operazione. L'aggregazione è stata del resto salutata con favore unanime dalla stampa internazionale e dalle grandi banche d'affari internazionali. Positivo ma sospeso, invece, il giudizio dell'agenzia di rating, Moody's: «Vediamo con favore l'idea dell'integrazione ma mentre il piano può essere buono, aspettiamo di vederne i dettagli. Vogliamo vedere se ci sarà una buona struttura di management e se l'operazione non comporterà troppi compromessi». In ogni caso, con un valore atteso oltre i 65 miliardi di euro, Intesa-SanPaolo si è già conquistata un posto tra i grandi colossi europei del credito come Deutsche Bank, Barclays e la stessa Agricole. Da notare che il sostegno del mondo politico alla nascita di un altro grande gruppo bancario italiano dopo Unicredit, ma in versione tutta domestica, porta con sè anche la consapevolezza che comunque anche gli azionisti forse meno entusiasti per l'operazione - gli spagnoli del Santander, ma anche i francesi dell'Agricole - non potranno mettersi di traverso. In teoria il Santander che aveva espresso la volontà di stringere la presa su Torino (oggi ha l'8,4% del SanPaolo) potrebbe reagire. Ma una controfferta, che dovrebbe venir realizzata in contanti. appare decisamente difficile. Ad accreditare un'uscita sono stati gli stessi spagnoli, parlando di plusvalenze potenziali nella fusione per 1,2 miliardi. Non proprio bruscolini anche per una delle maggiori banche europee. In prospettiva poi vengono dati in uscita anche i francesi, anche se per ora almeno dovrebbero restare diluendosi sotto il 10%. La fusione, in ogni caso, oltre alle aziende premia la nuova impostazione del governatore di Bankitalia, Mario Draghi, in tema di aggregazioni. I due istituti hanno, infatti, preso alla lettera le sue parole nel corso della lettura delle Considerazioni finali sull'abolizione dell'obbligo di comunicare alla Vigilanza le manovre per le aggregazioni. La norma non è stata abolita ma Draghi non ha protestato. Il silenzio dei piani alti di Palazzo Koch è la migliore conferma che l'obiettivo del numero uno di via Nazionale è solo quello di vedere crescere le dimensioni delle banche italiane senza perdersi in cavilli formali. La fusione che sarà tra uguali, che dovrebbe venir realizzata tramite incorporazione e solo con scambio in carta, vedrebbe in realtà una posizione di maggior forza per Milano (Corrado Passera sarà l'unico amministratore delegato). Ma sul punto prosegue ancora il lavoro degli advisor, Citigroup per SanPaolo, Merrill Lynch e Gerardo Braggiotti per Intesa. Da chiarire innanzitutto il tema delle sovrapposizioni, a partire dal settore assicurativo dove Milano è presente tramite la joint venture con Generali (è al 50% di IntesaVita) e SanPaolo tramite Eurizon. L'attesa, comunque, è che l'asse con il Leone non venga affatto messo in discussione. A maggior ragione considerando l'importante quota in possesso delle Generali (al 2,1% del SanPaolo e al 7,54% di Intesa) e il fatto che il gruppo di Trieste saprebbe offrire un'importante finestra internazionale alla nuova megabanca, che avrebbe altrimenti un profilo molto sbilanciato sul terreno nazionale. Sulla base delle quotazioni dell'ultimo anno e degli ultimi sei mesi, comunque, anche per gli analisti il concambio più probabile appare quello di 3 a 1, senza spazio per premi agli azionisti Bpi. In attesa che gli altri big del credito decidano le prossime mosse il risiko bancario non è finito. A fine mese infatti il consiglio di amministrazione della Popolare Italiana di Divo Gronchi esaminerà le proposte per l'integrazione con un altro partner. Due sono già le offerte più allettanti, quella della Bpm di Roberto Mazzotta e della Ba

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