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Il premier vince e i Ds restano a bocca asciutta

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Da qualunque punto di vista si guardi, infatti, nel matrimonio tra il San Paolo di Torino e Banca Intesa il colore predominante è sempre il rosso. O forse il rosa. Sì perché la sinistra, nonostante l'atavica riluttanza al capitale, non ha mai negato l'attrazione fatale per la finanza. Al punto che lo scorso anno i Ds di Fassino hanno rischiato anche qualche grana giudiziaria utilizzando la Unipol, la compagnia assicurativa delle Coop, come un ariete per sfondare la porta della Banca Nazionale del Lavoro. L'assalto fu respinto dall'ingresso dei francesi di Bnp Paribas. E i Democratici di sinistra fecero retromarcia senza nemmeno un graffio. Ieri il secondo atto per contare di più nelle banche italiane si è chiuso invece con una vittoria. La fusione tra Milano e Torino, oltre a una evidente ragione industriale, quella di crescere di dimensione per non essere fagocitate dai colossi stranieri, sancisce di fatto la vittoria del presidente del Consiglio, Romano Prodi. Tutti i protagonisti dell'operazione, infatti, fanno direttamente o indirettamente riferimento a lui. Come Giovanni Bazoli, presidente di Banca Intesa e punto di snodo della finanza cattolica italiana, e vicino al premier. E ancora Corrado Passera, ad futuro del nuovo gruppo, che prima delle elezioni si mise in fila ai seggi delle primarie dell'Unione. Senza dimenticare che anche a Torino i simpatizzanti non mancano. A partire dal presidente Salza. La partita dunque è chiusa. All'ombra del Professore nascerà la più grande banca italiana. E questo è un aspetto giudicato da tutti in modo positivo, perchè sottrae i due istituti allo shopping di qualche colosso estero. Eppure qualche scontento c'è. È il caso dei Democratici di Sinistra. Alla fine a essere i padroni del vapore non saranno certo loro che, con la Unipol gonfia di denaro (2,6 miliardi di euro per la vendita delle quote Bnl) non sono riusciti a comprare nemmeno un piccolo istituto per rafforzare la loro presenza nei giochi finanziari. Così per ora restano alla finestra e nonostante i sorrisi di cortesia di Fassino alla fusione: «Un'operazione di grande rilievo strategico» è proprio lui il grande sconfitto nell'operazione. Al San Paolo, infatti, guardava con grande attenzione il Monte dei Paschi di Siena, tradizionale roccaforte della finanza degli ex comunisti al punto che sotto pressione di Botteghe Oscure, fino a qualche giorno fa le nozze con Rocca Salimbeni erano date per sicure. Gli appetiti di Fassino si sono però scontrati con l'ingordigia dei cugini senesi, grandi azionisti del Mps e contrari a perdere sovranità sull'istituto. Insomma le beghe locali in quel di Siena hanno aperto la strada a Prodi. In attesa anche l'eterna sposa promessa di Intesa, Capitalia, che ha perduto in un colpo solo due delle possibili banche con cui fondersi per rafforzarsi. Ma ambienti vicini a via Minghetti già ieri parlavano di un'improvvisa accelerazione di Geronzi verso il Mps.

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