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Crac Parmalat, Tanzi accusa le banche

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L'ex patron del gruppo alimentare: gli istituti di credito hanno pilotato il dissesto finanziario

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L'accusa questa volta arriva direttamente dall'ex patron di Collecchio, Calisto Tanzi, che ieri davanti ai giudici del Tribunale di Milano ha dichiarato di essere stato pilotato dagli istituti di credito italiani e stranieri nelle grandi manovre finanziarie che sono sfociate in un maxi-buco da 14,3 miliardi di euro con centinaia di migliaia di risparmiatori traditi. Parmalat «non doveva diventare una grande truffa». La società, sostiene Tanzi, non ha «mai avuto reali problemi di accesso al credito». «Erano gli istituti di credito stessi e le banche d'affari quasi ad inseguirla», a dispetto di bilanci che «non erano il massimo della trasparenza». Tanzi «nel dolore e nel rimorso», ha chiesto «perdono» a quanti sono stati danneggiati e anche ai suoi figli. «Ho consentito delle cose, ho delle responsabilità», ha ammesso Tanzi nel corso delle sue dichiarazioni spontanee rese al termine del controesame del teste esperto Enrico Bondi, il manager che da commissario straordinario ha guidato il gruppo di Collecchio fuori dalle secche. Ma all'udienza del processo milanese, dov'è è imputato per aggiotaggio, false comunicazioni dei revisori e ostacolo all'attività degli organi di vigilanza, Tanzi è passato dal pentimento al contrattacco, sottolineando che lui e il suo uomo di fiducia, Fausto Tonna, non erano a conoscenza dei bond venduti ai clienti dalle banche. «Non sapevo che le nostre obbligazioni venivano vendute a man bassa ai risparmiatori, non ho questa responsabilità. Lotterò con tutte le mie forze per far sapere questa realtà». Le operazioni di finanza strutturata «non le ho mai comprese» e «penso che anche Tonna non ne abbia compreso appieno la portata, i reali costi e soprattutto chi dall'operazione ricavò i maggiori benefici». A titolo di esempio Tanzi segnala un'operazione estremamente complessa del 1993 che venne organizzata «su sollecitazione di Citibank che agiva in collegamento con Banca di Roma» di un valore complessivo di 300 miliardi che «consentì ai finanziatori di lucrare compensi e interessi molto elevati». E ancora. «Sia Parmalat sia i finanziatori erano consapevoli che i bilanci non rispecchiavano la realtà», ha aggiunto Tanzi sottolineando come le banche sapessero delle enormi difficoltà del gruppo, ma ai risparmiatori i titoli Parmalat venivano venduti come un'affare. Nelle sue dichiarazioni Tanzi ha puntato l'indice soprattutto contro l'operato di Bank of America. E cita il caso del progetto di quotazione delle attività in Brasile suggerito, proposto e attuato dall'istituto americano, che secondo Tanzi in alcuni casi ha «gestito in via esclusiva» e «pilotato» alcune due diligence. Il j'accuse di Tanzi arriva proprio nel giorno in cui Bondi ha ricordato che «la centrale delle falsificazioni era senz'altro a Parma» con Tonna quale «dominus della falsificazione».

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