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Parmalat, concordato alle porte

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Intanto, però, lancia una nuova offensiva contro le banche ritenute a Collecchio responsabili del crac: ieri ha formalizzato una nuova richiesta di risarcimento per 2,2 miliardi di euro agli svizzeri di Ubs e a Deutsche Bank. Così si aggiornano i dati della battaglia avviata da Parmalat contro le banche italiane ed estere - in questo ambito si attendono peraltro nuove azioni legali oltreoceano - che per il commissario straordinario hanno avuto un ruolo decisivo nel crac del gruppo: Collecchio ha formalizzato in tutto richieste di revocatorie per 7 miliardi di euro e di risarcimento danni per 36 miliardi. La richiesta formalizzata ieri ad Ubs e Deutsche Bank, nel dettaglio, riguarda le attività svolte nel 2003 con alcune emissioni obbligazionarie da cui soprattutto DB si sarebbe coperta dai rischi, in particolare facendosi assegnare ruoli di advisor e mandati per la cessione di alcune controllate estere, oltre ad introitare forti commissioni per queste attività. Da parte sua, Deutsche Bank ha risposto definendo «infondate» le accuse e rilevando di voler difendere anche l' azione svolta singolarmente da suoi manager chiamati personalmente in causa. Sul fronte del concordato, frattanto, il sì appare scontato. Ma anche se a Collecchio si incrociano le dita, secondo quanto si apprende da fonti finanziarie, bancarie e legali coinvolte nella vicenda non dovrebbero esservi sorprese negative per Bondi e il ministero delle Attività Produttive. Molteplici le ragioni che spingono gli osservatori a valutare come scontato il via libera all'operazione. In primo luogo la normativa fa leva sulla formula del silenzio-assenso, e questo fa sì che sia considerato un sostanziale ok la non espressione del voto verso cui molti sono orientati. Soprattutto tra le banche, nella condizione di doversi astenere trovandosi in conflitto di interessi per le cause legali. Peraltro, gli stessi istituti di credito sono in realtà i potenziali futuri azionisti principali della nuova Parmalat, che dal crac in poi ha tenuto le posizioni di mercato evitando di far seguire a quello finanziario il crac industriale. In pratica, nonostante la vistosa situazione debitoria ed i conflitti legali in corso, il gruppo una volta rientrato in Borsa - evento atteso per fine settembre - potrebbe anche dare nel giro di qualche anno delle soddisfazioni. Le stesse obbligazioni già trattate sui mercati sono decisamente risalite, e questo è un segnale di come sia positivamente atteso il rientro sui mercati di un'azienda che ad oggi, secondo i calcoli dello stesso entourage di Bondi, è tornata a valere almeno 2,4 miliardi di euro.

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