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Riforma del Tfr, i sindacati diranno di sì

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La Cgil boccia la bozza del governo. Ma ampie frange tra i confederali vogliono i Fondi pensione

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Oppure buttare via una riforma che arriva già con troppo ritardo, in nome di piccole convenienze che sono polvere di fronte all'enorme vantaggio di far decollare anche in Italia la previdenza complementare. Ma decenni di maturazione sindacale non sono passati invano, e adesso, nonostante un confronto che si annuncia difficile, le frange progressiste delle grandi organizzazioni sindacali sanno di avere in mano le carte giuste per rivoluzionare il vecchio sistema del trattamento di fine rapporto (Tfr). Trasferire queste risorse (il decreto del governo si riferisce a quelle maturande) dalle aziende ai fondi pensione (aperti e chiusi) consentirà di assicurare un miglior rendimento per i lavoratori e, contemporaneamente, di creare anche in Italia dei serbatoi finanziari indispensabili per far crescere tutto il sistema economico. Per questo ieri il ministro del Welfare, Roberto Maroni, ha svelato le carte: «Il consenso dei sindacati, dopo una fase critica, ci sarà». Nessun problema, inoltre, per la copertura finanziaria della riforma, come segnalato anche dal viceministro all'Economia, Mario Baldassarri. Proprio quest'ultimo ha quantificato in 500-600 milioni le compensazioni da garantire alle imprese a partire dal 2006. Ma il ministro del Welfare ha ribattuto: la riforma della previdenza integrativa non ha nessun problema di copertura. Il ministero, infatti, dispone della relazione tecnica del provvedimento "bollinata" dalla Ragioneria generale dello Stato e sono 8 mesi che si fanno analisi e simulazioni con il ministero dell'Economia e la Ragioneria. Poi, rivolto ai sindacati, il ministro ha sottolineato: «Sono certo che nelle prossime settimane il loro consenso ci sarà. Il sostegno del sindacato è necessario e utile - ha aggiunto - perchè la riforma mette al centro le parti sociali e quindi certamente il sindacato giocherà un ruolo fondamentale». Il percorso però non sarà facile. Ancora ieri il numero uno della Cgil Guglielmo Epifani ha espresso dubbi pesanti sulla riforma. Ma per fortuna nel sindacato italiano non c'è solo Epifani.

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