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Quel ciabattino che fa lo snob

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Non ci addentreremo nelle questioni legali e sugli aspetti di lotta di potere per il controllo del maggior quotidiano italiano. Ma le snobistiche uscite di Diego Della Valle contro Ricucci personalmente, non solo contro l'operazione che conduce, rinfacciandogli anche le sue origini sociali, rivelano tutta l'altezzosità, l'acidità, il disprezzo delle élites, sorry, dell'establishment, per i nuovi arrivati. E non è un caso che sia Della Valle a esprimere questi impulsi. Mondano scarparo, è tra gli ultimi ad essere stato ammesso con un piedino, solo un piedino, nel salotto buono; istintivamente vuol dimostrare di saperci stare, di averne assimilato lo spirito e di saperne incarnare e difendere le regole esclusivistiche. I neofiti sono sempre più zelanti di antichi praticanti. Della Valle non è di quelli che non si iscriverebbero mai a un club che li accettasse, ma di quelli che, giunti con grande abilità in cima alla scala sociale, vorrebbero toglierla per non far salire più nessuno. Non prenderemo qui le difese del danaroso figlio del dipendente dell'Atac, che sa difendersi da sé. E lo faccia guardandosi bene dal cercare di adattarsi al birignao del salotto lombardo in cui Della Valle ha potuto far capolino col suo marchigiano; lo faccia invece con la sua vis tutta romana che Alberto Sordi apprezzerebbe. La circolazione e il rinnovo delle élites è il dato principale di una società libera, moderna, democratica; la mobilità sociale come fondamento e frutto della democrazia e del mercato, non la cooptazione nelle nomenklature dei sistemi chiusi, selettivi, spesso in negative complicità. La storia delle società e delle economie moderne è popolata di personalità venute dal nulla. La figura del self-made man, dell'uomo che si è fatto da sé, che partendo da zero mette insieme una fortuna, è uno dei grandi miti delle società libere e dinamiche. Della Valle dovrebbe essere orgoglioso di essersi fatto da sé, non vantare lignaggi impari a quelli di coloro che gli hanno fatto mettere piedino in salotto. Altezzosità, puzza sotto il naso, disprezzo verso chi si è fatto da sé - che il Della Valle per mettervi più saldamente il piedino manifesta per conto del salotto buono, furbamente solo allusivo su questo- rivelano in chi li nutre l'atteggiamento retrogrado, snobistico, gretto e conservatore, tipico di una società statica: quella in cui ognuno ha i propri ruoli definiti e stia al suo posto, senza tentare di migliorarsi e turbare le gerarchie stabilite. E' la ristrettezza mentale ieri dell'aristocrazia del sangue, oggi delle nomenklature: la prima chiusa e infine esangue, travolta dalla società liberale, in cui la borghesia vitale è come una porta girevole, si entra e si esce per ciò che si fa, non per come si è nati; le seconde che si autoalimentano per cooptazione e complicità, spesso per selezione negativa. Nel caso Rcs, i poco magnifici 15 stanno lì a sdottoreggiare in continuazione sulla libertà di mercato, direttamente in convegni e interviste, o indirettamente tramite i commentatori sui loro giornali, e se poi arriva uno che non gli piace a comprare azioni in borsa, tutti a strillare, denunciare, indignarsi: no, tu no. Perché? Perché no, esibisci il Dna, chi c'è dietro? Magari voglia di profitto, di potere anche, pensa un po'. I 15, invece, sono solo enti di beneficenza, disinteressati a ogni forma di potere.

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