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Il Monte dei Paschi batte in ritirata da Bnl

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Siena non sa decidere tra le linee dei presidenti Mussari (filo Abete) e Fabrizi (contropatto)

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Alla fine è questa l'unica decisione possibile per la banca di Siena che oggi in consiglio di amministrazione avvierà l'iter per uscire definitivamente dall'istituto di Via Veneto. Formalmente, hanno riferito fonti di Rocca Salimbeni, il Cda valuterà una soluzione che garantisca «la neutralità e la terzietà delle controparti» dopo l'Offerta pubblica di scambio lanciata dal Bbva. Tradotto, significa che Mps muoverà il primo passo per uscire da Bnl confermando quella linea di «difesa dei diritti e degli interessi» di Rocca Salimbeni più volte richiamata, in questi mesi, dal presidente Pier Luigi Fabrizi. Ma se questa mossa giocherà in qualche modo a favore della scalata spagnola o della cordata di imprenditori italiani riuniti nel contropatto è tutto da vedere. Il Monte dei Paschi è infatti dilaniato da due posizioni ormai inconciliabili, che hanno provocato divisioni profonde anche tra i Ds locali e nazionali, molto influenti nella Fondazione: da una parte il presidente Giuseppe Mussari, in sintonia con le posizioni del numero uno di Bnl, Luigi Abete, e dall'altro il numero uno della banca, Fabrizi, attento anche alle opportunità indicate dal presidente del contropatto di Via Veneto e consigliere di amministrazione del Monte, Francesco Gaetano Caltagirone. Intanto, la notizia del dietro-front di Siena è stata accolta con favore dalla Borsa, che ha premiato i titoli del Montepaschi con un rialzo del 3,65%. Del resto la stessa operazione, lanciata nel giugno 2004, con bond convertibili in azioni Bnl, corrispondenti alle partecipazioni detenute dalla stesso Mps (4,5%) e dalla Popolare di Vicenza (3,4%) per un valore di circa 450 milioni di euro, era orientata a cercare una soluzione dopo il «fallimento» dell'ipotesi di fusione tra Bnl e Mps che per due volte, tra il 2002 e il 2003, era sembrata prossima alla formalizzazione. La decisione venne accelerata dopo la scelta di Luigi Abete e degli altri componenti del patto di lasciare fuori Mps dal «governo» di Bnl. Fallita l'operazione di fusione a Siena erano stati chiusi i canali sia con Via Veneto sia con la Spagna. Tanto che anche l'idea di un rapporto privilegiato tra il BBva e la Fondazione Mps, viene definita da fonti senesi una «leggenda metropolitana». Una smentita indiretta a chi ipotizza il futuro ingresso in Mps dello stesso Banco di Bilbao o di un'altra grande banca europea che, fanno notare in Piazza del Campo, «non sarebbe certo funzionale allo sviluppo del Monte». Tutte voci che, se oggi prende il via l'operazione di sganciamento da Bnl, dovrebbero cessare di colpo. Il Cda è chiamato a cercare la soluzione migliore per rispondere agli obbligazionisti che, in caso di Opa, possono chiedere subito, e non alla scadenza del prestito obbligazionario (1 gennaio 2006), contanti o azioni. Non è difficile ipotizzare che ai consiglieri sarà presentata una soluzione sulla quale i tecnici hanno potuto lavorare per diversi mesi. Nella vicenda Bnl il Monte, fin dall'aumento di capitale lanciato i primi di novembre da Via Veneto, non si è mai fatto trovare impreparato, respingendo con decisione anche le pressioni interne (Emilio Gnutti e Francesco Gaetano Caltagirone) che spingevano verso un obiettivo diverso, quello indicato da Bankitalia che bene avrebbe visto Siena alla testa di un gruppo che difendesse l'italianità di Bnl. L'ultimo assalto, anche questo respinto, è arrivato da chi voleva Mps a fianco di Unipol per gli intrecci che tra la banca e il gruppo assicurativo bolognese esistono dal 2001. Intrecci che, ricordano a Siena, non significano interessi simili o la difesa degli stessi obiettivi. E allora è evidente che, una volta presa la decisione di uscire da Bnl, l'istituto senese non tornerà su i suoi passi. Intanto Consorte va avanti nel preparare la contro-Opa. Fin oggi Unipol ha investito 802,7 milioni per comprare il 9,9% dell'istituto di Abete.

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