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IL SEGRETARIO, Franzo Grande Stevens, ha scandito nella grande aula del Lingotto dove si teneva l'Assemblea ...

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Giovanni Agnelli & C. SAPA, 30,06%, Morgan Stanley 3,67%, Assicurazioni Generali 2,91, Lybian Arab Foreign Bank 2,51, Mediobanca 2,12, SanPaolo-IMI,1,02, Deutsche Bank 1%. Assetto che con il 16,89% riunito in patto di sindacato governa il gruppo ed esprime il management presieduto da Umberto Agnelli, e che vede come amministratore delegato Giuseppe Morchio. Un gruppo che ha in corso un "rilancio che non è più un'ipotesi ma un progetto". Poco a poco, malgrado un mercato riflessivo, e i danni provocati dallo sciopero di Melfi, la Fiat sta risalendo la china. Ma ancora deve far fronte a un indebitamento totale di 21,8 miliardi di debiti. Fra questi quelli contratti con le banche italiane che hanno aderito al prestito di 3 miliardi che ha consentito, unitamente all'aumento di capitale di 1,8 miliardi da parte dei soci, il rilancio dell'attività. Ecco, quei 3 miliardi pesano sul futuro assetto della Fiat, non meno di una incapacità di Umberto Agnelli di mantenere coeso l'azionariato. Perché nel contratto di finanziamento esiste l'ipotesi per le banche, qualora al termine del tempo concesso la Fiat non riuscisse a restituire il denaro ricevuto, il diritto di convertire i loro crediti in azioni Fiat. L'amministratore delegato del gruppo torinese Giuseppe Morchio ha detto agli azionisti che «non è in corso nessuna negoziazione con le banche sul convertendo». E poi: «Abbiamo preso atto delle dichiarazioni assunte da alcune di esse ma sono cose che riguardano le banche. Noi non abbiamo niente da dire». Ma uno dei banchieri più esposti, l'ad di Unicredit, Alessandro Profumo ha già perfino inserito nel proprio bilancio una quota di ammortamento dell'eventuale perdita, o minusvalenza derivante. Facendo seguire all'operazione proprio la previsione dell'avvenimento. Gli altri non si sono pronunciati, tranne Corrado Passera, ad di Intesa, il quale ha affermato che è troppo presto per previsioni del genere. Ma se ciò dovesse avvenire, e tutte le banche finanziatrici fossero d'accodo, allora il peso della Giovanni Agnelli SAPA, scadrebbe a poco più del 20 per cento. Le Banche diventerebbero altrettanti Henry Ford. F. F.

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