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di LAURA DELLA PASQUA UN CONSENSO plebiscitario come non se ne vedeva da dodici anni.

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Per trovare un risultato superiore bisogna tornare al 1992 quando Luigi Abete venne designato con l'85% delle preferenze. Montezemolo è così il nuovo presidente dell'associazione degli industriali che ieri lo hanno accolto nella grande sala del palazzo di Viale dell'Astronomia con una standing ovation di un minuto. Una designazione che arriva dopo mesi di polemiche all'interno del mondo industriale che ha sfiorato la lacerazione. L'altro candidato, Nicola Tognana, supportato dal presidente uscente Antonio D'Amato ma in difficoltà sin dalle prime battute, esce di scena. La Giunta gli ha comunque dato l'onore delle armi con un lungo applauso. «Tornerò alla mia azienda» ha ribadito anche ieri l'imprenditore. Lo starter ufficiale per Montezemolo alla guida della Confindustria ci sarà il 26 maggio all'assemblea privata ma già il 29 aprile il nuovo presidente dovrà sottoporre alla Giunta programma e squadra. Ieri il passaggio delle consegne con D'Amato non è stato proprio come da rituale. «Sono qui come assistente di D'Amato» ha esordito Montezemolo che ha lasciato campo e riflettori al presidente uscente e questo ne ha approfittato per rispondere alle polemiche di questi mesi. D'Amato ha così sottolineato che non c'è stata nessuna lacerazione tra gli industriali e che ha vinto l'unità dei consensi. Ai malevoli ha risposto che «la scelta di Montezemolo non è una mia sconfitta ed è una scelta in cui tutta la Confindustria si riconosce». Ma soprattutto sia D'Amato che lo stesso neo presidente hanno tenuto a ribadire che non ci saranno corsie preferenziali; nessuna distinzione tra grandi e piccole imprese. Una precisazione quasi d'obligo dal momento che la grande regia dell'elezione di Mister Ferrari è firmata da big come Tronchetti Provera, Merloni, Abete e Pininfarina. D'Amato ha approfittato del passaggio del testimone per fare un bilancio dei suoi quattro anni di mandato. Prima la grande soddisfazione di aver partecipato alla realizzazione della riforma Biagi, poi il rimpianto per «l'incapacità delgoverno di cogliere la fase di rinnovamento che si stava realizzando». D'Amato ha risposto anche alle accuse che gli sono cadute tra capo e collo. A cominciare dalla battaglia sull'art.18 che ha detto rifarebbe perchè «ha aperto la strada alla riforma del mercato del lavoro». Poi l'accusa di appiattimento sul governo. «Una linea di credito che si dà all'inizio a qualsiasi interlocutore». Ora la palla passa a Montezemolo. da vedere se sarà nel segno della continuità o della svolta.

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