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Commercio, consumi in caduta libera

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Tengono solo i prodotti alimentari (+0,9%). La crisi colpisce soprattutto i piccoli negozi di quartiere

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Alle prese con rincari di prezzi e tariffe, le famiglie italiane hanno cominciato a farsi bene i conti in tasca e, non potendo rinunciare ai consumi alimentari (gli unici a tenere), hanno trascurato tutti i prodotti apparentemente superflui, a cominciare dai capi di abbigliamento. La crisi colpisce soprattutto i piccoli negozi di quartiere, con pochi addetti e di dimensioni ridotte, che soffrono sulla loro pelle il calo della domanda e scontano la diffusione della grande distribuzione, dai supermercati agli hard discount. Le possibilità di risparmio offerte dai grandi magazzini hanno avuto insomma ancora una volta la meglio sul rapporto di fiducia tra cliente e commerciante. Secondo i dati resi noti dall'Istat a novembre le vendite al dettaglio sono rimaste invariate rispetto ad ottobre, ma hanno registrato sullo stesso mese del 2002 una flessione dello 0,9%. Per ritrovarne una equivalente bisogna risalire al dicembre del 2000 e addirittura a marzo dello stesso anno per riscontrarne una peggiore (-1%). Il calo è stato determinato in gran parte dal segno negativo delle vendite dei prodotti non alimentari (-2%), bilanciato solo in parte dalla crescita delle vendite dei prodotti alimentari (+0,9%). Una divaricazione evidente anche negli undici mesi del 2003 (+4,7% prodotti alimentari, +0,2% non alimentari). Ma una forbice altrettanto ampia si apre anche tra grande e piccola distribuzione. A novembre grandi magazzini, supermercati e discount hanno registrato infatti complessivamente un incremento dell' 1,1%, mentre la piccola distribuzione è in flessione del 2%. E la stessa dinamica è riscontrabile anche negli undici mesi del 2003. Da qui l'allarme di Confesercenti, che preoccupata per la penalizzazione delle piccole e medie imprese, chiede interventi urgenti del governo per restituire fiducia ai consumatori ed invertire il trend sfavorevole della domanda. La preoccupazione è condivisa da Confcommercio che sembra però più ottimista per il lungo periodo. L'organizzazione ritiene infatti che a novembre si sia concluso un ciclo negativo, anche se le rilevazioni del centro studi di Piazza Belli sono addirittura peggiori di quelle dell'Istat. Misurando solo le quantità delle vendite (e non il loro valore come fa l'istituto di statistica), Confcommercio rileva infatti una diminuzione su base annua del 2,9% a novembre e un andamento stagnante (-0,1%) negli 11 mesi del 2003. Pessimisti anche i sindacati che colgono l'occasione per rinnovare le loro richieste al governo, prima tra tutte quella del ripristino della politica dei redditi. Paolo Pirani della Uil non si dice affatto stupito visto che «è evidente che il paese si sta impoverendo», mentre per Raffaele Bonanni, segretario confederale della Cisl, la crisi dei consumi è «una spia che chiama tutti alle proprie responsabilità».

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