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Bruxelles sprona gli Stati ad allungare la vita lavorativa

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L'obiettivo è raggiungere la difficile quadratura del cerchio che consente di assicurare un alto livello di protezione sociale senza farla pesare troppo sui bilanci pubblici. Le linee di condotta - contenute nel rapporto «Modernizzare la protezione sociale per un impiego maggiore e di migliore qualità, un approccio globale per rendere il lavoro remunerativo» - hanno come base di riferimento l'obiettivo di arrivare entro il 2010 ad un tasso di occupazione del 70%. Grazie ai regimi di protezione sociale, si spiega nella comunicazione dell'esecutivo europeo, è divenuto più facile e socialmente più accettabile liberarsi di lavoratori anziani piuttosto che di quelli giovani. Tenuto conto dell'invecchiamento demografico, una tale politica, che riduce l'offerta di manodopera di coloro che hanno tra i 50 e i 70 anni, «non è più vitale». Secondo le stime di Bruxelles, infatti, l'innalzamento di un anno dell'età pensionabile ridurrebbe l'aumento previsto delle spese pubbliche per le pensioni da 0,6 a 1% del Pil. Attualmente l'età media europea di chi va in pensione è di 61 anni, ma l'obiettivo dell'Ue è aumentarla di altri cinque anni entro il 2010. Per questo sarà necessario adeguare i sistemi pensionistici. Molti Stati sono ancora lontani dall'elaborazione di strategie globali di «invecchiamento attivo» tese a facilitare la capacità di inserimento professionale dei lavoratori più anziani. La comunicazione della Commissione, come casi in controtendenza, cita il Belgio, dove potrà essere fatta richiesta di lavoro fino a 58 anni e l'Olanda, dove invece il limite di età, finora di 57 anni e mezzo, non è più obbligatorio. Più difficile anche il prepensionamento: in questo caso l'esecutivo indica la Spagna, dove questa possibilità è riservata alle persone che lavorano da prima del 1967 e l'Italia, che ha aumentato progressivamente il numero degli anni di contributi per ottenere la pensione di anzianità.

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