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L'economia mondiale è in ripresa

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Una conferma più che autorevole è giunta dall'ultima convention di Banca Mediolanum a Pesaro, per voce di tre delle più illuminate "menti"del panorama economico mondiale: Dominick Salvatore e i premi Nobel Paul Samuelson e Gary S. Becker. La ripresa non è uniforme ma c'è, è un dato di fatto; e dopo il pessimo inizio d'anno l'economia mondiale ha decisamente cambiato rotta. Ad affermarlo è uno dei più illustri esperti di politica economica mondiale, Dominick Salvatore. L'intervento di Salvatore inizia dall'analisi degli Stati Uniti. "Nel 2002 la crescita del Pil reale è stata del 2,4 per cento e per il 2003 prevedo che possa raggiungere il 3-3,1 per cento rispetto alla stima del Fondo Monetario di un 2,6 per cento. Questa crescita è destinata ad accelerare ulteriormente all'inizio del 2004". Le ragioni di una ripresa, rapida e anticipata, sono numerose. La politica monetaria Usa è la più "stimolante" degli ultimi 40 anni. Dall'inizio del 2001 a oggi la Federal Reserve ha ridotto i tassi per ben 13 volte dal 6,5 per cento all'attuale 1 per cento. Anche la politica fiscale è fortemente espansiva. Nel 2001 il bilancio americano registrava un surplus pari all'1 per cento del Pil; quest'anno si chiuderà con un deficit di 5 punti percentuali. Una terza ragione congiunturale ha a che vedere con la debolezza della valuta Usa. Il dollaro si è fortemente deprezzato, stimolando le esportazioni. L'utilizzo della capacità produttiva è in aumento, gli investimenti e i profitti sono tornati ad alti livelli, la Borsa ha ritrovato slancio. Tutto, insomma, lascia pensare che la crescita proseguirà anche in futuro. E questo grazie anche alla new economy. "La nuova economia - ha proseguito Salvatore - non è un miraggio. La crescita del Pil reale, nel periodo 1995-2000 è stata del 4 per cento in America, del 2,5 in Europa, dell'1,9 in Italia. Quanto alla produttività è aumentata del 2,5 negli States, dell'1,7 in Europa e dell'1,3 in Italia. Il dato più significativo riguarda, comunque, la cosiddetta "produttività multifattoriale" che si riferisce all'incremento della produzione del Pil al di sopra dell'incremento dei fattori di produzione. In altre parole è un indicatore dell'effettivo apporto della nuova economia. Ebbene, la produttività multifattoriale è cresciuta del 2 per cento in Usa, dello 0,9 in Europa, dello 0,4 in Italia. Ecco la rivoluzione della new economy, quella stessa rivoluzione che ha fatto crescere nell'ultimo decennio il tenore di vita degli americani con un ritmo molto più sostenuto rispetto a quello degli europei. Nel 1990 il Pil procapite reale in Europa era simile a quello americano; oggi gli Usa - con circa 35 mila euro per cittadino - sopravanzano nettamente l'Europa che si ferma a 25 mila euro". Veniamo all'Europa. Per i 15 la crescita è stata finora inferiore; anche nel Vecchio Continente la ripresa è comunque già iniziata. E non deve spaventare il fatto che sia meno rapida rispetto a quella statunitense. È fisiologico: le riforme strutturali messe in atto non hanno effetti immediati ma benefici nel medio e lungo periodo. E il Giappone? Fino agli anni Novanta sembrava poter conquistare il mondo (dal 1980 al 1990 tutti i sondaggi indicavano nell'economia nipponica quella più competitiva). Poi, con lo scoppio della bolla dell'edilizia nel 1991, le banche si sono ritrovate con debiti non esigibili ed è iniziata la crisi. Per anni le autorità locali hanno cercato di smorzare le tensioni insistendo sul fatto che l'entità di questi debiti non superava l'1,5 per cento del Pil. Nel 1997, però, sono state costrette ad ammettere che l'entità dei debiti non esigibili era in realtà pari al 20 per cento. In dodici anni il Giappone ha così subito tre recessioni, con un tasso di crescita del Pil di un solo punto percentuale. "Adesso, però, anche in quest'area è tornata

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