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A maggio crolla la produzione industriale

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Bilancio negativo per industrie manifatturiere, pelli, calzature e tessili. Aumentano energia e petrolio

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Un pesante colpo viene dai dati diffusi ieri dall'Istat, che mostrano un vero e proprio crollo subìto dalla produzione industriale del Paese nel mese di maggio, con un calo del 7% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Dati peggiori del previsto, secondo l'Isae, l'Istituto di studi e analisi economiche. Tra i settori più colpiti troviamo le industrie manifatturiere, le pelli, le calzature e il tessile. Bisogna risalire al 1996, quando l'indice della produzione industriale crollò del 10%, per trovare un dato tendenziale peggiore di questo. Nel periodo compreso tra gennaio e maggio 2003 - rivela ancora l'Istat - l'indice della produzione ha registrato un calo dell'1,7% rispetto al corrispondente periodo del 2002. Una variazione negativa importante si registra nella produzione dei beni di consumo, con una diminuzione tendenziale rispetto al maggio 2002 del 9,4%, sintesi tra il 13,6 in meno dei beni durevoli e l'8,2% di quelli non durevoli. Anche i beni strumentali e quelli intermedi registrano un calo, rispettivamente del 9,4% e del 6%. Quasi tutti i raggruppamenti industriali e i settori di produzione presentano una situazione simile: i cali più significativi si hanno nelle industrie manifatturiere (15,5%), nelle pelli e calzature (12,6%), nei tessili e abbigliamento (11,5%), nei prodotti chimici e nelle fibre sintetiche (10,6%), nei mezzi di trasporto (10,3), negli articoli di gomma e materie plastiche. Fa eccezione il settore dell'energia, dove si registrano le uniche variazioni tendenziali positive; cresce dell'8,7% la produzione delle raffinerie di petrolio, del 4,3% l'estrazione di minerali, e un aumento dello 0,4% si ha per energia, gas e acqua. Se guardiamo ai dati destagionalizzati, le variazioni congiunturali peggiori riguardano i prodotti chimici e le fibre sintetiche, mentre un buon risultato è riportato dal settore del legno e dei prodotti in legno (mobili esclusi). Immediata la reazione di Confindustria, che chiede al governo di «mettere all'ordine del giorno già nel prossimo Dpef interventi strutturali per rilanciare la competitività, dando attuazione al patto per lo sviluppo firmato con Cgil Cisl e Uil, per agganciare quella ripresa internazionale, attesa per la secondo parte dell'anno, di cui si intravvedono i primi segnali positivi negli Stati Uniti». La situazione è allarmante anche per l'Isae, che giudica il dato sulla produzione «significativamente inferiore alle previsioni», dato che anche a livello settoriale emerge «un netto peggioramento rispetto allo scenario di diffusa stabilità del mese precedente». Ma l'Istituto esprime cauto ottimismo per il futuro: già per giugno stima un rimbalzo produttivo del 2,1%. Non si fanno attendere i commenti dal mondo politico: «Un dato negativo - afferma il viceministro delle attività produttive Adolfo Urso - che denota la crescente difficoltà delle nostre imprese a competere in un sistema globale sempre più agguerrito, con nuovi forti competitori come la Cina, e complicato dall'euro forte». Il viceministro esorta a concentrarsi su una politica per lo sviluppo che affronti i nodi strutturali dell'economia del Paese, partendo dagli «investimenti in innovazione e ricerca, l'abbassamento del costo dell'energia industriale e l'attuazione di quel programma di rilancio delle infrastrutture che è già stato programmato». Pierluigi Bersani, responsabile economico dei ds, chiede «un programma straordinario di politica industriale che si occupi di innovazione tecnologica, regole del commercio internazionale, sostegno all'export e all'internazionalizzazione, politica dei distretti».

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