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Dai danni vantaggi economici

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Una vera è propria boccata d'ossigeno, si fa per dire, per il nostro dissestato fisco. Secondo un rapporto di Nomisma, nel 2001 il totale delle entrate fiscali per i tabacchi lavorati è stato pari a 9.477 milioni (2.147 milioni l'Iva e 7.330 milioni l'imposta di consumo), con una crescita del 2,4% rispetto all'anno precedente. Dal 1991 al 2001 il gettito fiscale è più che raddoppiato (+113%). Un vero e proprio salto nel '93, quando le tasse sono passate dal 56% al 57%, variazione che ha condotto ad un aumento delle entrate totali per quasi il 19%. Per l'erario si tratta dunque di un vero e proprio pozzo senza fine sia per la struttura dell'imposizione stessa sulle sigarette (che è mediamente pari al 74% del prezzo finale di vendita con una componente proporzionale sul prezzo di vendita al pubblico pari a circa il 71%) sia per il rilevante consumo esistente in Italia per tali prodotti. Nel panorama dell'imposizione diretta le sigarette detengono il primato in termini di crescita percentuale, +73% dal '93 al 2001. Complessivamente - fa sapere sempre Nomisma - gli introiti statali derivanti dal settore dei tabacchi lavorati a titolo di imposte indirette, corrispondono al 2,9% delle entrate fiscali complessive e al 6,4% del totale delle imposte indirette, rappresentando, in tale ambito, una delle principali voci di incasso. Se poi si esamina la torta che le accise in generale offrono allo stato, la quota che grava sui tabacchi lavorati risulta pari al 26%. Lo Stato ha anche rafforzato la lotta al contrabbando e negli ultimi 10 anni la Guardia di Finanza ha sequestrato oltre 11.300 tonnellate di tabacchi lavorati esteri. Ma il consumo illegale resta molto alto, 27.700 tonnellate in 10 anni, più del doppio dunque rispetto ai sequestri. Nei primi 10 mesi del 2002 sono stati sequestrate 263 tonnellate di sigarette di contrabbando, alle quali corrispondono tributi evasi per oltre 80 milioni di euro.

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