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Gli ultra 65enni sono contro l'aumento dell'età pensionabile

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Lo rileva un'indagine Censis realizzata per Italia Lavoro, dalla quale emerge che la discussione in atto per il prolungamento della vita lavorativa rischia di scontrarsi contro la volontà di chi non ha nessuna intenzione di impiegarsi, soprattutto come dipendente. Diversa la situazione sotto il profilo del lavoro autonomo, che attira i tre quarti degli occupati ultra sessantacinquenni. In dieci anni, gli over 65 in Italia sono aumentati di 1 milione 710mila unità (+19,6%), ma il numero di occupati in questa fascia di età è cresciuto solo del 3,8% (13mila persone) e quello di coloro che cercano lavoro si è ridotto addirittura del 44,4%. Come effetto di questa tendenza, il tasso degli anziani propensi al lavoro è passato dal 4,1% del 1993 al 3,5% del 2002 e quello di occupazione dal 3,9% al 2,8%. «Insomma -scrive il Censis- a dispetto di chi cerca di contenere l'impatto sociale e soprattutto economico dell'aging revolution, tentando di procrastinare il più a lungo possibile l'uscita dal lavoro degli anziani attraverso strategie di promozione di un invecchiamento attivo, i nuovi over 65 sembrano non volerne sapere più di lavoro». Cambia anche, secondo il Censis, il ruolo del lavoro rispetto alla vita privata degli anziani. Se in passato la fine dell'attività lavorativa rappresentava uno degli elementi più significativi nel segnare il passaggio alla fase 'post adultà, una recente indagine mostra che oggi il vero discrimine è dato da altri fattori: la perdita dell'autosufficienza (preoccupazione espressa dal 62,7% degli anziani) o la perdita del coniuge (36,7%). Solo il 16,1% pensa che invecchiare significhi andare in pensione. Dunque, secondo il Censis, gli over 65 dimostrano «una vitalità del tutto epicurea, che poco ha a che vedere con il lavoro».

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