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La vera storia del lupo cattivo, una favola a sostegno dei ragazzi disabili

"La vera storia del lupo cattivo" è la fiaba a scopo benefico di Francesco Vecchi, giornalista Mediaset e conduttore di "Mattino 5"

Pietro De Leo
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“C'era una volta…”, e gli occhi dei bimbi si illuminano. In fondo in tutte le favole il bene trionfa sempre, anche se il finale non è da “e vissero felici e contenti”. Non lo ha, questo finale, “La vera storia del lupo cattivo” (Book Road) scritto da Francesco Vecchi, giornalista Mediaset e conduttore di Mattino 5, su Canale 5. Eppure, in ogni caso il bene trionfa anche qui. Perché acquistando il libro si contribuisce a sostenere l'iniziativa della Fabbrica del Sorriso, promossa da Media Friends, per aiutare i ragazzi disabili del Parco del Mulino a Livorno nell'inserimento lavorativo. E allora ecco che il "lupo cattivo", in ogni caso, è buono. A ben pensarci, in fin dei conti, quel lupo che nella tradizione favolistica incarna il nemico, un alito di tenerezza lo emana sempre. E poi, se è diventato quella specie di mostro feroce che mette in guardia i bimbi prima di andare a dormire, un motivo ci sarà. Ed è proprio questo il cuore della fiaba di Vecchi. “È nato cattivo o qualcuno lo ha fatto diventare?”, domanda l'autore al piccolo (ma anche più grande) lettore aprendo la sua storia. Che narra di Lupetto, ultimo nato di una famiglia di lupi, “non ricchi, ma dignitosi: una tana piccola ma accogliente e qualcosa da mettere sotto i denti”. Le illustrazioni, nelle prime pagine, dipingono un quadretto sicuramente inedito, di lupi buoni. Dove Lupetto è una specie di eroe positivo, che riscatta la cattiva fama sparsa da tanti suoi simili ben noti, come il Lupo di Biancaneve o quello dei Tre Porcellini. Fino a quando non accade qualcosa, una giostra di equivoci. E qui non andiamo oltre, perché le fiabe son fatte per essere lette di “prima mano”, assaporando le illustrazioni, o raccontate nell'atmosfera più adatta. La morale, però, così per come l'abbiamo capita noi, possiamo dirvela. Mai giudicare, perché ogni vita è sempre più complessa di quanto possa apparire. 

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