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Klaus Davi: "Troppi reality? No, funzionano sempre"

Il giornalista e massmediologo: "Amici e Ballando sono format di qualità. La d'Urso è una fuoriclasse"

Giada Oricchio
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“Amici e Ballando con le Stelle sono due programmi di qualità, Mediaset fa troppi reality? Difendo la scelta” inizia così l'intervista a Klaus Davi, giornalista e massmediologo impegnato con il direttore di TGCom24, Paolo Liguori, nel programma “Fuorilegge”. Lo scrittore parla anche di Massimo Giletti, delle due “fuoriclasse” Barbara d'Urso e Maria De Filippi e della candidatura a sindaco di San Luca, paesino dell'Aspromonte: “Se mi eleggono faccio la rivoluzione. E le faccio una confessione”. Klaus Davi, occhialini alla Gramsci, piace al pubblico per il buon senso, la capacità di cogliere nel segno e il rifiuto degli stereotipi. Signor Davi, lei è italosvizzero, da dove nasce l'amore per la Calabria? “Innanzitutto sono innamorato dell'Italia. Mio padre era italiano e come tutti i figli di immigrati sono legato alla patria d'origine e poi sono cresciuto con siciliani, pugliesi, calabresi. Quattro anni fa andai in Calabria per raccontare la storia di un magistrato che si era suicidato e mi chiesi come fosse possibile che un posto così bello e accogliente sembrasse non far parte dello Stato italiano. Sono andato a fondo e sono rimasto affascinato dalla cultura calabrese”. Le attuali politiche italiane le stanno strette? “Conosco Matteo Salvini da 25 anni, da quando era consigliere comunale a Milano e abbiamo un ottimo rapporto. Ma trovo surreale il dibattito su italiani e non italiani. Ho vissuto in Svizzera, Germania, Belgio e nonostante le differenze non mi sono mai sentito tagliato fuori. Ho avuto le mie occasioni. Lo Stato non può discriminare e non vedo alternative all'integrazione. Mi dispiace che ci attorcigliamo su questi temi. Il concetto di italiano non esiste, siamo il prodotto di tante culture”. E' stato minacciato per il suo impegno a favore delle comunità ebraiche e quello contro la ‘ndrangheta. Ha mai pensato: chi me l'ha fatto fare? “No, non mi sono mai pentito. E grazie a ‘Fuorilegge' con Paolo Liguori ho potuto portare all'attenzione nazionale problematiche locali e dar voce alla voglia di legalità dei territori. Facciamo servizio pubblico su una rete commerciale, come ha detto il procuratore antimafia Federico Cafiero De Raho. Le minacce sono una conseguenza di ciò che ho voluto fortemente. Anzi, le posso fare una confessione? Farà discutere, ma è vera”. Certo “Ci sono molti più ladri e gente equivoca dove vivo io a Milano che in Calabria o in Sicilia. Si è creata una visione del Sud sbagliata”. E infatti si è candidato sindaco di San Luca, paesino dell'Aspromonte noto per le faide Pelle-Vottari e Mirta-Strangio “Lì ho già ottenuto una mia grandissima e personale vittoria perché non si votava da sei anni. Il giornalismo civile declinato nell'impegno sociale può portare a un risultato politico. San Luca è definita a torto la capitale della ‘ndrangheta. Se divento sindaco faccio la rivoluzione. Davvero. Se non lo divento, darò il mio contributo civile”. Cambiamo argomento: è giusto fare outing in tv? “Io tecnicamente non ho fatto outing, rispondo a domande dirette. Ho detto ‘esco con un carabiniere di Gioia Tauro che lavora nell'anticrimine' ed è l'assoluta verità. La cosa ha fatto scalpore”. Perché? “Perché era carabiniere! Detto questo, se mi chiamassero in tv per parlare della mia vita privata, non ci andrei. Sono un giornalista già esposto su altri fronti e darei un messaggio sbagliato. Ma se uno showman o una showgirl lo fa è assolutamente giusto. Approvo la scelta di Marco Carta perché è un grande punto di riferimento per i giovani, i ragazzini e le ragazzine lo adorano. Serve eccome parlarne. Sapere che esco con un carabiniere ha contribuito a distruggere il pregiudizio che il Sud sia omofobo, quando la gente mi incontra è affettuosa e rispettosa, mi dice ‘quando ce lo presenti?'”. La sua opinione sul Convegno di Verona sulla famiglia? “Non lo condivido, ma sono per la libertà d'espressione. Sono stanco delle contrapposizioni. Chi è minoranza non può essere per il soffocamento delle voci. Mi fanno un po' ridere alcune posizioni e hanno fatto degli errori, come il gadget. La posizione sulle donne era discutibile: i diritti civili in Italia ci sono grazie alle donne. Sono loro ad aver aperto la strada e noi minoranza siamo andati in scia. Era sbagliata la sociologia di questo convegno: togliere un'opportunità oggi è impopolare. La persona con cui esco è stata sposata, ha due figli e ha avuto una vita tradizionale, poi ha cambiato e magari un giorno ricambia, spero di no ovviamente… ma chi siamo noi per decidere di un'altra persona?”. Voltiamo pagina, da esperto di mass media la tv generalista è morta? “I dati dicono di no. Soprattutto in Italia continua a essere un grande collante tra la popolazione. Ha ancora la capacità di ‘eventizzare' come diceva l'ex direttore generale della Rai Agostino Saccà”. I giovani non guardano più la tv “Non è esatto, la consumano in modo diverso. Come si fa oggi con i giornali. Un po' vanno sui canali tematici perché il web ti induce a selezionare quello che interessa e un po' gli stessi network spezzettano gli argomenti. Semmai dubito che sia una fruizione approfondita, mi sembra molto emotiva e poco razionale. E' un consumo nuovo che deve essere educato”. Roberto D'Agostino dice che il telespettatore si crea il suo palinsesto “E' vero. Il libero arbitrio televisivo è ancora più forte. Molti pezzi di tv viaggiano sui social e vengono visti lì. Non c'è più solo il telecomando, oggi uno accende il computer e vede ciò che vuole”. Sabato è partita la sfida “Ballando con le Stelle”-“Amici”. Cosa ha guardato? “Ideologicamente mi sento più vicino ad Amici perché è focalizzato sull'impegno, sulla fatica e sul talento e ti dà un'opportunità. Te la giochi anche se è chiaro che non tutti ce la possono fare. Inoltre cerca la contaminazione con la cultura, ad esempio ospitando Roberto Saviano. Tenta di unire l'alto e il popolare. Ballando mi piace perché è una tv tendenzialmente educata. Sono due prodotti di qualità: Amici è più trasversale, porta un pubblico meno costante nel guardare la televisione, pesca nei non fidelizzati della tv maggiormente rispetto a Ballando che invece consolida il pubblico di Rai1. Ma anche il consolidamento è importante”. Maria De Filippi e Barbara d'Urso sono capaci di intercettare i gusti del pubblico o al contrario “impongono” un certo genere di tv? “Parliamo di due fuoriclasse della televisione. Io andrei ospite di entrambe, ammiro la cultura popolare, per me non è sottocultura. Mi rifiuto di indicarle come ciniche e strumentali perché ammiro la loro capacità e l'umiltà di capire cosa vuole il pubblico che le segue, questo non significa che devono assecondare i bassi istinti delle persone. I loro programmi sono simili, non uguali, ed entrambi hanno successo. Vuol dire che esiste quella fetta di popolazione, ma non significa che quelle stesse persone poi non guardino Santoro o Annunziata. Uno non esclude l'altro. Chi lo dice? Anzi c'è un travaso. Attenzione allo snobismo! In passato poteva anche sembrare fosse così, oggi no perché le offerte sono talmente tante che non c'è assuefazione passiva: guardo quello che voglio quando voglio. Maria e Barbara danno un grande saggio di umiltà nel voler conoscere il proprio interlocutore, nell'andargli incontro. Dico no allo snobismo perché ci ha portato al dominio dell'antipolitica. Sa perché faccio il paragone con la politica? Perché non va più nei territori, non comprende chi ha davanti. Quando la massa viene snobbata, si sente esclusa e si rivolge altrove. La sinistra perde punti perché giudica il proprio elettorato. Se chiede più sicurezza o legalità lo etichettano come estremista e razzista. Il PD ha perso quando è diventato un grande partito radicale”. Era opinionista a “L'Arena” di Massimo Giletti. Perché il seguitissimo programma è stato chiuso? “Boh! Uno dei grandi misteri della Rai. Un vero peccato. E' un diritto dell'editore chiudere una trasmissione, ma in quel caso la modalità è stata brutale. Il conduttore l'ha appreso dai giornali, è stata quasi una violenza. Giletti aveva portato pubblicità, consenso, prestigio e autorevolezza in uno spazio che per decenni era andato male. E' stato un colpo. I retroscena non mi piacciono, evidentemente non si voleva più uno spazio di riflessione alla domenica”. Massimo Giletti torna in Rai? “Io penso che per la Rai sia il minimo offrirgli un'opportunità, è un volto dell'azienda da sempre, ha percepito retribuzioni inferiori agli altri, ha dato tutto per la Rai. Quale editore non vorrebbe uno che porta il 9% di share alla domenica sera su La7?”. Lo immagina a “La Vita in Diretta”? “Giletti e Lorella Cuccarini sono incompatibili. Non vedo cosa lui possa guadagnare da un binomio con la Cuccarini. Parliamo di un numero uno della televisione… stimo la Cuccarini però è da prima serata, da grande varietà, non da pomeriggio con Giletti. Invece lo vedo benissimo con Paola Ferrari”. Vincerà la gratitudine verso Umberto Cairo o il desiderio di rivincita? “Per lui sarebbe una rivincita. Se lo conosco, e un po' lo conosco, penso che voglia uno spazio puramente giornalistico. Ho dei dubbi su possibili contaminazioni con il varietà dopo l'esperienza di “Non è l'Arena”. Ha imboccato una strada precisa, magari potrebbe fare un serale”. La strada di Mediaset è quella dei reality show “Difendo Mediaset, non ha il canone e segue i target commerciali. In pratica chi guarda i reality, compra i prodotti pubblicizzati, c'è poco da fare. Il dibattito intellettuale sulla tv li tocca relativamente. Le ricerche del marketing confermano che il pubblico dei reality compra, se non fosse così cambierebbero. Il filone del reality dà segnali di stanchezza qua e là, ma la gente li segue ancora e lo share si traduce in acquisti. Poi Mediaset fa servizio pubblico con altre trasmissioni”. Che pagina di tv è stato il caso Fogli-Corona? “Onestamente? I reality show sono così, può succedere. E' stata una cosa brutale e io non avrei toccato l'intimità in quel modo, ma non possiamo applicare la categoria del moralismo a questo format. Quindici anni fa, mi offrirono alcuni reality e ho sempre detto no perché non c'è alcun vincolo, non ci sono limiti. Non capisco perché scandalizzarsi, io non l'avrei fatto però il reality è questo. E' come quando io vado a intervistare esponenti della criminalità organizzata, so cosa mi aspetta, altrimenti sto a casa o cambio mestiere. Vede? La tv generalista riesce ancora a ‘eventizzare': Fogli è diventato evento, ne abbiamo parlato tutti”. Cosa c'è nel suo futuro lavorativo? “Vado avanti con ‘Fuorilegge', Mediaset è un'isola felice, c'è feeling e l'auspicio è rimanere. Li ringrazio per la visibilità su una piattaforma all news. Mi piacerebbe portare uno spin off del mio format in prima o seconda serata nei palinsesti estivi. Sarebbe un sogno”.

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