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La Dolce vita di Ricky Shayne: "Sesso e droga, Roma era rock"

Il "re dei Mods" ribelle del beat all'italiana si racconta tra donne (famose), criminali e macchine veloci

Davide Di Santo
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Quando la sua Ferrari 275GTB4 si schiantò contro un albero a Fiuggi, prima della serata finale del Cantagiro '67, un rotocalco titolò: «Per poco non finiva come James Dean». Ma il destino di Ricky Shayne, meteora ribelle del beat italiano, era diverso da quello del divo americano. Occhi magnetici, look maledetto, tratti mediorientali e pronuncia esotica, George Albert Tabett - questo il suo vero nome - per i cultori del periodo è sempre «Uno dei Mods», dal titolo del suo più grande successo. Nei sei anni passati in Italia prima di continuare la sua carriera in Germania ha lasciato una manciata di singoli («Number one», «Vi saluto amici Mods», «Come Moby Dick»), un film e tanto materiale per le cronache mondane dell'epoca. «Che botto, a Fiuggi, mi sono salvato per un pelo - racconta a Il Tempo Shayne, che oggi vive tra Berlino e Glasgow - L'amico che era con me fece in tempo a uscire dalla macchina in corsa. Ricordo solo che mi sono svegliato in ospedale. Ci sono stato quattro mesi, ed è stato fantastico: ho fatto sesso con tutte le infermiere».  Ai tempi il suo personaggio era avvolto nel mistero. C'è chi diceva fosse inglese, chi pensava fosse di Trani... «Sono nato a Il Cairo da padre americano, manager petrolifero di origini libanesi, e madre francese. Ma in realtà sono uno zingaro senza radici. Ero un rocker giramondo e quando sono arrivato in Italia nel '63 ho sentito solo musica melodica. Mi sono detto: qui non c'è tanta concorrenza! La mia fortuna è stata incontrare il grande produttore Franco Migliacci, che ha inventato il personaggio del mod, sebbene io fossi un rocker... Facemmo anche il film, "La battaglia dei Mods", un successo incredibile». Anni di eccessi. O no? «Ci puoi giurare. Sex, drugs and rock 'n roll. Sono stato anche a Woodstock nell'estate del '69. Ho incontrato personalmente Jimi Hendrix, ma purtroppo non ho le prove, neanche una foto. Ho sempre vissuto al 101 per cento: fumo, marijuana, anche Lsd una volta in India. Ora ti mando una copertina di "Ciao amici": guarda che occhi, ero strafatto! Oggi ho 74 anni e certe cose non le faccio più ma allora al Piper trovavi di tutto. Droga, ma soprattutto ragazze». Ha la fama di essere un playboy infaticabile. Quante donne ha avuto? «Centinaia, migliaia, a chi importa? I banchieri contano, io sono un artista. Una volta una giovane attrice mi venne a trovare a casa, a Tomba di Nerone. Suonò alla porta, aveva una pelliccia. Se la tolse e sotto era nuda: wow, man! Era Laura Antonelli. Recentemente ho saputo della sua morte, mi dispiace molto».  Che ambienti frequentava in Italia? «Di tutti i tipi, anche i più loschi. C'era il mio amico Piero che mi ha fatto scoprire il mondo della malavita, per esempio. Lo accompagnavo in Ferrari fino in Svizzera per prendere carichi di anfetamine che portava in Italia. Alla frontiera, verso Chiasso, c'era un locale dove tutti i peggiori banditi di Milano andavano a bere e giocare. Sembrava di essere in un film di gangster, man! Loro mi amavano perché ero un ragazzo normale e non giudicavo. Una volta la polizia ci ha fermato con la macchina carica di casse di sigarette straniere. Migliacci era furioso, ha dovuto pagare una multa stratosferica». Istantanee dalla Dolce vita di Ricky Shayne? «Il gelato al tartufo a piazza Navona, poi da Meo Patacca o da Giggi Fazi, vicino a via Veneto. E le notti a Trastevere... A Roma ogni pietra ha una storia, e sono grato di averci vissuto».  All'inizio degli anni '70 si è trasferito in Germania dove è diventato un'icona pop. Dagli anni '80 però la sua stella si è un po' offuscata. Rimpiange il successo? «No, rifarei tutto. Vuole sapere se ho problemi di soldi? Sì, ma come tutti. Il denaro è fatto per essere speso, non per stare sotto il materasso. Quando mi serve un po' di cash faccio un concerto e la giornata è guadagnata. Ora sono molto impaziente per il film sulla mia vita che sarà presentato al Festival di Berlino ("Mutwillig Shayne", di Stephan Geene. I protagonisti sono i due figli di Ricky: Tarek e Imran, identici al padre da giovane, ndr). Non so cosa aspettarmi, ma spero possa essere una grande opportunità di rilancio».  Il suo primo successo tedesco "Ich sprenge alle ketten" (spezzo tutte le catene) porta la firma di un giovane Giorgio Moroder. In Germania avevo lo stesso manager di Salvator Dalì, Simon Weintrob, che mi ha fatto conoscere tutti. Da Jean Gabin a  Francis Lai fino a Mike Brant. In Italia mi piacevano molto Bobby Solo e Toto Cotugno. Canto spesso "L'italiano" nelle mie serate. Anche Gianni Morandi era simpatico, una volta abbiamo fatto una copertina insieme. Il diavolo e l'acqua santa!». Fa ancora musica, online si trovano molte sue canzoni recenti.  «Una delle mie preferite si intitola "Behind the curtain" e dice la verità sullo show business. È come la mafia, e siamo tutti complici in un modo o nell'altro. Io ho sempre detto quello che pensavo, e forse per questo mi hanno fatto fuori. Ma ho sempre vissuto a modo mio, senza rimorsi. Sono libero. Free as a bird, man!».

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