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«Un grande amore e niente più»

Peppino Di Capri ricorda l'amico Franco Califano. Al concerto canterà il grande successo che vinse Sanremo nel '73. Sabato e domenica l'artista si esibisce al Teatro Sistina

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Due notti per far innamorare Roma, dopo i grandi successi di Firenze, Milano, Torino, Sanremo. Peppino Di Capri approda ancora al Sistina (sabato alle 21, domenica alle 17.30) e poi di corsa ai Fori per omaggiare Franco Califano. Cominciamo dal tour: come è andato? «Benissimo, ovunque, tranne Sanremo. Era di lunedì, un giorno lavorativo e c'era la Juve in tv, ma sono soddisfatto». E adesso Roma prima di volare in Canada e chiudere a Napoli. Cosa si aspetta? «La solita Roma, il solito affetto. A Roma ho sempre l'impressione di giocare in casa, c'è un feeling profondo, legato ad anni stupendi, la traccia della migliore Roma di Fellini, un feeling difficile da cancellare». E poi domenica di corsa ai Fori. «C'è l'omaggio a Franco, doveroso. Califano è stato un qualcosa di unico, un punto di riferimento e non solo per la canzone con la quali vinsi Sanremo nel '73. Franco ti coivolgeva in tutto e per tutto. Un artista capace di scrivere qualsiasi pezzo, un sarto buono per tutte le stagioni, dal pezzo impegnato a quello più scanzonato e orecchiabile. Qualsiasi cosa faceva gli riusciva davvero bene». Come vi siete conosciuti? «Erano gli anni d'oro dei locali notturni, ci si ritrovava e spesso noi eravamo in difficoltà davanti a questo personaggio così spregiudicato. Io l'ho definito il Patty Pravo al maschile. Aveva anticipato Vasco Rossi, aveva carattere e personalità. Noi andavamo sul palco timidi, lui invece era spregiudicato, ma era straordinario oltre che bello, sempre circondato da belle donne. Io poi, non potevo proprio competerci, ero il più brutto del gruppo tanto che mio suocero un giorno mi disse "ti può sentire ma non ti si può guardare». Un aneddoto che le ricorda Franco? «Ce ne sono tanti ma il più simpatico è quando stavamo lavorando al testo di "Un grande amore e niente più". Abbiamo sofferto quattro notti perché non ci convinceva poi, alla quinta finalmente è nata la canzone che portai a Sanremo nel '73 vincendolo». Cosa mancherà di Franco? «Ci mancherà lui. Poteva dare molto di più. La sua è stata una vita spericolata, come il calciatore che abbassa la guardia si è lasciato andare e ci ha lasciati troppo presto. Ma non ci lasceranno le sue canzoni, e questo concerto che io chiuderò con la canzone di Sanremo, sarà la giusta occasione per ricordarlo». Ancora una domanda: perché le canzoni di ieri sono sempre le più belle? «Allora c'era un solo canale tv, una radio e i locali dove andavi e presentavi canzoni orecchiabili ma con dei significati interiori che oggi sono scomparsi. Canzoni che raccontano storie di vita vissuta, la mia come quella di Franco, ma nelle quali ognuno poteva riconoscersi perché sembrava fatta apposta per lui. Il segno di un tempo che non passerà mai».

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