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Cibo da star

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Piatti e ricette fanno la storia sulle copertine

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Conle copertine, i libri e la carta illustrata invece si racconta l'affascinante vicenda di come si mangia. Storie di scorpacciate e mal di pancia. Storie di fornelli e sale da pranzo. Storie di convitati e prodotti di tradizione locale. Da che il mondo è mondo, l'arte si accomoda a tavola: sia quando vuole «pizzicare» il magna magna della politica, sia quando ritrae gli usi di un popolo. Il cibo non è fatto di carta, ma il pensiero e la comunicazione, sono metaforicamente cibo per la mente. È da questa base che ha preso forma «Cibo di carta», un ciclo di iniziative pensate da Andrea Tomasetig sul tema dell'alimentazione che, sotto il profilo dei contenuti, colmano una lacuna anticipando l'Expo 2015 dedicata a «Nutrire il pianeta. Energia per la vita». L'occasione per parlarne è la mostra «Cibo in copertina. Riviste illustrate dalla collezione Rapisarda», che inaugura il 18 gennaio negli spazi romani di Eataly (fino a giugno), inventati da Oscar Farinetti, l'uomo che creò UniEuro e che, vendendolo, fu ricoperto d'oro. La mostra è divisa in nove sezioni: di particolare rilievo sono quelle dedicate alla pubblicità, all'infanzia, alle trasformazioni degli equilibri familiari e al rapporto donna-cibo. È esemplare il banchetto di Giolitti ripreso con evidenza dalla «Tribuna» nel 1893. Sono gli anni in cui pane, polenta e vino lasciano il posto in copertina al commercio ambulante. Ma dove il cibo conquista spazio è su «La Cucina Italiana» (1956), quando una donna dimostra d'essere riuscita, con la propria salsa, ad avere successo e per questo merita che la si osservi giubilare. È accanto a «La Domenica del Corriere» (1908) dove dei disoccupati, degli affamati che assaltano un forno rappresentano, da un punto di vista sociale e politico, un problema critico e occorre prenderne conto. «In entrambi i casi, si allerta il pubblico, consolandolo delle difficoltà di preparare una salsa o risvegliandolo dal suo quieto vivere», sottolinea Alberto Capatti, Rettore dell'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Cuneo), indicando anche quanto le copertine sono loquaci. «Non nel senso che, pettegole, svelano un segreto, ma in quanto scene animate in cui i personaggi parlano e si rispondono, e vivacemente in pagina, non possono esser prese per semplici inviti all'acquisto, ma sono icone di mille consumi. Si esprimono senza ricorrere ad una scrittura che le trasformerebbe in fumetto. Una donna che impasta, o agita, nel pentolino, la frusta, o porta in tavola un pollo arrosto, comunica non solo il proprio saper fare, ma l'eleganza, o la seduzione, o la noncuranza con cui sa fare, e ogni suo singolo gesto appare suggestivo, come quello di un grande mimo. Basta soffermarsi sulla copertina del «Borghese» (1966) in cui la scatoletta di carne e la bruna attrice con le sue cosce nude rinviano ad un consumo perverso, visivo e orale, della femmina formosa. La copertina in questo caso scava nel profondo della materia commestibile, e fa cultura materiale nel senso più ampio del termine, andando alle radici simboliche del nutrimento». Non mancano i bocconi amari in questo viaggio dolceamaro attraverso 88 carte originali selezionate sulle 12 mila della collezione Michele Rapisarda. Ben 44 le testate, dalla «Tribuna Illustrata» al «Corriere dei Piccoli» a «Cuore» e al «Vittorioso», dalla «Massaia» a «Grand Hotel», dove spiccano artisti come Achille Beltrame, Marcello Dudovich, Antonio Rubino, Golia, Sto, Mauro Vellani Marchi, Ugo Matania, Francesco Menzio, Walter Molino, Benito Jacovitti e Tanino Liberatore.

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