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«L'Italia deve cambiare musica»

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Il cantante parla alla vigilia dei concerti nella Capitale «Finalmente Roma non mi dà più ansia da prestazione»

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Quasitutti. Ma non quelli di Antonello Venditti che continua a infrangere record col suo nuovo triplo cd «TuttoVenditti». L'Antonello nazionale torna a Roma con le nuove tappe dell'«Unica Tour» che replicherà all'Auditorium domani e il 16 gennaio. Sul palco ci saranno anche Derek Wilson, Alessandro Canini, Fabio Pignatelli, Alessandro Centofanti, Danilo Cherni, Benedetto «Toti» Panzanelli, Maurizio Perfetto, Amedeo Bianchi, Sandy Chambers e Julia St. Louis. Antonello Venditti, l'ennesimo grande ritorno a Roma. Con quale spirito si sta preparando ai due concerti? Ultimamente sto suonando tanto nella mia città. Roma è magica. Non ho più l'ansia da prestazione che avevo fino a qualche tempo fa ma, al contrario, ho l'ansia di vedere gli amici che mi vengono a trovare. Il concerto è un posto di incontro e suonare a Roma è un po' come farlo a casa mia. Nell'«Unica Tour» suona con la band al completo. Dal vivo non sente il bisogno di provare nuove soluzioni? Tra i miei prossimi progetti c'è una tournée pianoforte e voce in cui darò spazio al mio repertorio degli anni '70,'80 e '90. Il pubblico mi chiede continuamente brani come «Modena» e «Giulia» e, a questo punto, non posso più far finta di niente. In questo periodo ho tanta voglia di suonare dal vivo e non è escluso che scelga di farlo anche con una piccola band, in perfetto stile anni Settanta. Vorrei realizzare tutto in primavera. Accanto all'attività dal vivo, sta pensando anche alla pubblicazione di brani inediti? Scrivo pezzi nuovi continuamente. Senza sosta. Quindi lo sto facendo anche in questo periodo. Ma ora sono assorbito soprattutto dall'attività dal vivo. Qual è il segreto dell'«Unica Tour»? È un concerto bello che piace a tutti. Per me è meraviglioso cominciare sapendo che c'è un finale. Allo stesso tempo, però, c'è qualcosa che rende unico ogni appuntamento. A Roma abbiamo già suonato nei palazzetti dello sport e nell'Auditorium. Adesso avrei voglia di provare nuovi spazi. Parla di Roma o di altre città? Vorrei suonare anche nel resto del Lazio, a Viterbo e Latina. In posti più decentrati insomma. Vorrei cominciare a suonare vicino alla gente e non solo in mezzo alla settimana. Sento la mancanza di un concerto il sabato sera o la domenica pomeriggio, come si faceva qualche anno fa. Tornando al concerto di domani, quale sarà la scaletta? Il programma non subirà grandi cambiamenti. Ci sarà «Ci vorrebbe un amico», «Grazie Roma» e «Notte prima degli esami». Poi vorrei suonare «Roma Capoccia» anche per registrarla visto che la versione che faccio nei concerti non esiste in nessun disco. L'unica cosa certa è che quando finirà questo tour dispiacerà a tutti. È diventato una sorta di «Neverending Tour». E il grande successo del triplo cd «TuttoVenditti» come se lo spiega? È molto interessante. In passato abbiamo fatto altre antologie ma in questa siamo riusciti ad attualizzare lavori che si erano fermati al 2006. Il segreto è tutto nelle canzoni che vivono e riescono sempre a creare il loro mercato culturale. I brani contenuti in «TuttoVenditti» non sono in ordine cronologico ed è un'antologia pensata anche per un ascolto veloce. Sono brani che potrebbero accompagnare un viaggio ideale tra Roma e Milano e ritorno. Le elezioni politiche di febbraio si avvicinano a grandi passi. Cosa ne pensa Venditti? Penso che siamo ridotti molto male. Le speranze del Capo dello Stato erano tante ma, alla fine, non è venuto fuori nulla. Monti si presenterà alle elezioni e la Lega si è rimangiata Berlusconi. Siamo al ridicolo. Ma è tutto da buttare? Il meno peggio mi sembra il Partito Democratico ma la vera rivoluzione sarà quella di Beppe Grillo. Avevo creduto in un passo avanti con Matteo Renzi ma non c'è stato. E ho un rimpianto: mi interessa il ricambio generazionale con persone che non abbiamo vissuto l'ideologia comunista. Ora vediamo che cosa avrà partorito l'Ulivo, il mio timore è che siano olive con poco succo. E lei pensa che un movimento come quello di Grillo possa portare novità importanti? È libero da ogni condizionamento mediatico. Secondo me non bisogna aver paura di provare. Anche perché è proprio sulla paura che si creano le dittature. Bisogna avere il coraggio di cambiare se si vuole cambiare davvero. In Italia le clientele si fanno sentire. Al contrario c'è bisogno di regole e di una giustizia uguale per tutti. La cosa più triste è sentire le stesse parole e le stesse bugie. È tremendo. È come se fosse un eterno Festival di Sanremo. A proposito, lo guarderà Fazio in tv? Chi può dirlo. Ci sarà una concorrenza culturale tra Sanremo e le elezioni anche perché tra le due cose ci sono tantissimi punti in comune. A febbraio ci sarà una vera e propria implosione dell'intero Paese. Alla fine, però, l'Italia resisterà come ha sempre fatto. Cosa si augura per il futuro del nostro Paese? Bisogna inserire la musica nella politica cambiando spartito. Ci vogliono nuovi compositori e nuovi autori nella politica e nella musica. Dopo la sconfitta contro il Napoli, cosa pensa della Roma di Zeman? Dobbiamo abituarci perché Zeman è questo e non c'è nulla da fare. Io sono un suo fan e ho anche scritto «La coscienza di Zeman». Se credi in Zeman devi perseguire in quello che ti dice. Certo, quelli che lo interpretano devono prima capire il gioco. Lei pensa ci sia qualcuno che non lo capisce? Il gioco di Zeman non è usuale ed è difficile comprenderlo. Ma nonostante tutto sono ottimista per il futuro della Roma. Il livello tecnico della squadra di Zeman è superiore a molte altre squadre e ha un grande futuro. Certo ci vuole tempo, altrimenti i giovani non sarebbero giovani. Ci vuole speranza e fede e io ce l'ho. Mi piace che ci sia in giro una Roma fatta così.

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