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di Lidia Lombardi «L'anno moriva, assai dolcemente.

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Sula piazza Barberini, su la piazza di Spagna una moltitudine di vetture... e dalle due piazze il romorio confuso e continuo, salendo alla Trinità de' Monti, alla via Sistina, giungeva fin nelle stanze del Palazzo Zuccari...». Comincia così «Il piacere», primo e più famoso romanzo di Gabriele D'Annunzio. Un omaggio ai sensi, al decadente estetismo. Un omaggio a Roma, dov'è ambientato, la Roma fin de siecle, sovrabbondante, barocca. E anche un omaggio a se stesso, perché le inclinazioni del giovane rampante venuto dall'Abruzzo per studiare all'università e invece mutato in cronista mondano si riflettono nel protagonista, Andrea Sperelli. La storia del giovane gaudente, diviso tra la sensuale Elena Muti e la spirituale Maria Ferres, è ripubblicata adesso da Lozzi. E ci invita a ripercorrere i passi dell'Immaginifico, che proprio nella Capitale - negli anni dell'exploit edilizio, quando il generone si salda all'aristocrazia, che vende tenute per arricchirsi, come avviene al quartiere Ludovisi - concepisce «Il piacere», uscito sette anni dopo l'approdo in città. Cominciamo da Palazzo Zuccari. Non solo la dimora di Sperelli, zeppa di broccati e coppe di cristallo colme di rose. Vi abitò lo stesso Gabriele, per il quale era perfetto lo stanzone stipato di oggetti di culto - come le maioliche di Castel Durante - nell'edificio manierista che segna (con le colonne del pronao, la loggia e il concavo-convesso del lato corto) la confluenza tra via Sistina e via Gregoriana. Ora il piccolo edificio sorto sui giardini di Lucullo è ingabbiato per restauro. E nasconde i due mascheroni dell'ingresso, lo scherzo di Federico Zuccari, l'architetto dal quale fu ideato e abitato, per poi passare all'Accademia di San Luca e finire da questa alla Biblioteca Hertziana, sancta sanctorum della storia dell'arte. Prima il ventenne Gabriele aveva preso una stanza in affitto «a valle», in via Borgognona 22. E con l'irresistibile ascesa nella Roma-bene, le serate al Costanzi appena inaugurato e all'antico teatro Valle, oppure gli incontri al Caffè Greco, si dilatano gli amori. Fino al «peccato di maggio», la fuga con la duchessina Maria Hardouin di Gallese, bloccata alla stazione di Firenze e ricondotta dal padre sotto scorta. Le nozze riparatrici, per quanto disertate dal signor duca, hanno uno scenario perfetto per D'Annunzio: la chiesa tutta affreschi e stucchi barocchi di Palazzo Altemps, l'unica di un privato, il cardinale austriaco nipote di Pio IV , che contiene le reliquie di un santo, Aniceto. Ora il palazzo è sede del Museo Nazionale Romano e nella cappella, la domenica mattina, si celebra una rara Messa in latino. Ma negli anni '80 dell'Ottocento vi dimoravano gli Hardouin. Gabriele va abitare con la sposa in via XX Settembre 10, poi a casa Koch, sì il pittore, in via delle Quattro Fontane 22. Lavora a La Tribuna, che ha sede a palazzo Sciarra in via del Corso, dove sono oggi la Fondazione Roma e il Teatro Quirino. A via Gregoriana finisce quando lascia moglie e i tre figli piccoli perché divampa la passione per Barbara Leoni. È il 1888, l'anno di pubblicazione de «Il piacere».

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