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Il genio irriverente di Buttafuoco

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Nei testi emerge la sua identità di battitore libero post fascista e anticonformista oltre la destra e la sinistra

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Buttafuocoè bravo. Spiazzante promessa della carta stampata nero-cromata ai tempi in cui scriveva per il "Secolo" e per altri giornali allora "scorrettissimi", firmandosi Dragonera, ha ben presto fatto ottima figura tra i "Foglianti" di Giuliano Ferrara. Dopodiché ha scritto libri che hanno scalato le classifiche come il romanzo «Le uova del drago» (Mondadori, 2005). E adesso, da "fascio" frizzante e irregolare che spernacchia sia i trucidi "crani rasati", con tanto di svastika e di bigottismo razzista "a presidio della civiltà", sia i "fighetti" della destra neo-antifascista, tutti moderatismo, liberismo e Occidente , vanta un nome così "consolidato" da potersi permettere di firmare "bipartisan" sul centro-destro "Panorama" e sul centro-sinistro "Repubblica". È bravo, Pietrangelo. Basta guardare il modo con cui immediatamente ti porta dentro carne e cuore delle sue ricognizioni, tra eventi e incontri, idee e personaggi, "mirabilia" e oscenità dei nostri squassatissimi giorni («Fuochi», Vallecchi, pp. 234, euro 14,50). Ecco che parla di Sicilia: «Benvenuti al Sud perché poi, in Sicilia, per dire, l'unica cosa che si può fare è la villeggiatura. Benvenuti perché voi del Nord - voi del Continente, voi tutti del mondo di fuori - non avete l'obbligo (faccio sempre per dire), di sputare sulla pista di Catania ogni volta che atterrate. Fa così il mio amico Sandro Monaco ogni volta che viene trasferito da un carcere all'altro». E chi sarà Sandro Monaco? E come mai è amico di Buttafuoco se è un così assiduo frequentatore delle carceri? Non sarà per caso un mafioso che magari Pietrangelo, per gusto della provocazione, elegge a icona sicula? Eh no, si tratta di un imprenditore. Trattato peggio di un mafioso. Il perché fatevelo dire da Buttafuoco che ve ne racconta l'avvelenata odissea. Un momento: ma il nostro scrittore catanese d.o.c. non penserà mica, per parafrasare Sciascia che diceva che Palermo era una città "irredimibile"; non penserà mica che la Sicilia sia irredimibile? Così com'è, certo, non c'è da stare allegri. Semmai, l'insegna che Buttafuoco sventola nelle pagine "sicule" che inaugurano il libro è quella di un'allegria funerea. Ma non funesta. A chi si ama bisogna dire la verità. Quella dura e assolutamente pura: e speriamo che faccia bene. Speriamo che procuri un po' di bene alla Sicilia sentirsi dire da un siciliano di tutto rispetto e che ha il senso dell'onore (non quello mafioso e omertoso, però…) che "se si fa (il ponte sullo Stretto) è perché la mafia ha interesse nell'affare, e lo vuole. Se non si fa è perché la mafia non ha guadagno nell'affare, e non lo vuole". Papale, papale, senza girar troppo intorno all'argomento. Un'altra perla (e che i porci ci si strozzino…): «L'unica arte praticata in Sicilia, la nostra vera potente merda d'artista, è quella dell'incompiuta». E se è vero che è italico vizio/vezzo quella di avviare un'opera e poi di lasciarla a metà, «la Sicilia è in testa alla graduatoria per le incompiute, ben centocinquantasei». Ma ora lasciamo l'Isola (e a proposito, non dimenticate di gustarvi il ritratto di Marcello Dell'Utri, "il siciliano", "il mafioso", "il gatto di marmo, imperturbabile e però ironico" che così liquida Ciancimino e chi gli ha dato retta: " Chi è più cretino, il cretino o chi gli corre dietro? È un modo di dire palermitano"). Ora sbarchiamo sul Continente, ma in realtà si va un po' in giro dappertutto: dall'Italia all'Europa al mondo, tra attualità, storia, letteratura, varia umanità (e disumanità). Alla caccia dei tipi più vari e variamente intriganti. Alla faccia di chi ci può rimanere male, indignarsi, protestare. Ad esempio, a Buttafuoco piace Mario Vattani, il console italiano ad Osaka che si esibì da "faciorock" a CasaPound, mettendo in fibrillazione la Farnesina. Pietrangelo gli dedica un vero e proprio esercizio di ammirazione, scrivendo che Vattani «propone il coraggio e sfida il nichilismo d'accatto. Lo sfida attingendo al rock, opponendo al nichilismo del rock l'azzardo di un rock italiano, ma di più, perché la forza musicale di Vattani è declamatoria. È quasi teatro». Qualcuno non è d'accordo? Problemi suoi, perché Pietrangelo, caso mai non si fosse capito come la pensa, aggiunge un altro pugno nello stomaco, così, per gradire: «(CasaPound) non è la casa del vecchiume, piuttosto la "tana delle tigri" che non è quella spazzatura altrimenti nota come estrema destra ma l'esplosione di un mondo sconosciuto e non certo decifrabile attraverso la demonizzazione». Ma allora Buttafuoco è un fascista, irredimibile come la Sicilia? Bè, noi lo chiameremmo piuttosto - e davvero - uno spirito libero, fiero dei suoi valori identitari, del suo archivio delle memorie e del suo immaginario (si veda quel che scrive della Folgore e di Ungern Khan). Tanto fiero, e dunque tanto cordialmente e ironicamente "aperto", che anche tipi "distinti e distanti" come Norberto Bobbio ed Eugenio Scalfari, parlando con lui, sembrano ripiangere la giovinezza e quasi quasi "Giovinezza".

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