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Giuliana De Sio: «I maschi di oggi? Sono senza qualità»

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Ognianno, più di 30 000 persone muoiono durante i cosiddetti viaggi della "speranza". Una donna destinata alla prostituzione nei paesi occidentali può procurare un profitto di 150.000 euro all'anno, uno schiavo del lavoro può lavorare oltre dieci anni prima di estinguere il suo debito coi trafficanti. Su queste cifre si basa il film di Antonio Falduto, ieri in anteprima all'Isola del Cinema di Roma e da venerdì nelle sale. Protagonista Giuliana De Sio che, con il suo sguardo palpitante, osserva nel film questo scempio umano. De Sio, ne «Il console italiano» interpreta una donna tormentata dal passato e da un presente disumanizzato, come si è calata nella parte? «Questo è un film anomalo, girato in lingua inglese, con attori sudafricani (oltre alla partecipazione di Luca Lionello e Anna Galiena), che racconta il traffico umano in tante parti del mondo. E poi c'è il tema della solitudine di questa donna che è console, ha successo nella carriera diplomatica, ma sceglie di vivere come una sradicata cambiando spesso continente, lingua e cultura è una donna che ha deciso di perdersi nel mondo. Finché l'incontro con una ragazza di colore non le cambia la vita». Comincia per il suo personaggio una nuova scoperta... «La ragazza si rivolge a Giovanna (il mio personaggio) perché ha perso le tracce del suo compagno, un fotografo italiano che, guarda caso, è stato anche il grande amore di Giovanna, un amore tragico spezzato al culmine e mai risolto. Le due donne scoprono che lui è coinvolto in un traffico umano terribile e nel finale ci sarà anche una bella action perché le due protagoniste si ritroveranno intrappolate insieme con le ragazze deportate. Le vittime del traffico umano sono più in aumento, sotto c'è un grosso business che coinvolge banchieri e politici». Domenica scorsa nell'ultima puntata di «Caterina e le sue figlie» ha interpretato un personaggio vitale che riesce a riportarsi a casa il marito con la forza: è un buon metodo per mettere in riga gli uomini recalcitranti? «Assolutamente no. In quel caso ho interpretato una donna volgare, che ha problemi nella gestione con la rabbia, ma è vitale e questo piace molto al pubblico. Le donne oggi si devono accontentare, sono troppo oltre ed è difficile trovare un uomo di spessore e di qualità, è fin troppo banale dirlo e registro una certa noia nel ripeterlo, ma è la verità, tanto che io sono sola da anni». Altri progetti in cantiere? «A settembre uscirà la terza serie in 6 puntate per Mediaset de "L'onore e il rispetto" con la regia di Alessio Inturri, con Gabriel Garko. Vesto i panni di una donna siciliana efferata: vive in una casaccia con 4 figli maschi (dai 21 agli 8 anni) che addestra come killer al servizio della mafia, è una madre padrona. Io e Garko siamo i protagonisti, all'inizio nemici poi complici perché lotteremo insieme contro la mafia: dopo che le uccidono uno della famiglia, scatterà in lei una vendetta devastante, ammazzerà tutti i capi mafia e i loro figli. Poi, girerò a luglio una miniserie lussuosa su Rodolfo Valentino (sempre con Garko): interpreto Alla Nazimova, una lesbica a cui Valentino ruba l'amante che poi sposa». Come va il cinema ai tempi della crisi? «La crisi potrebbe essere fonte di ispirazione, ma dovremmo rappresentare, come fanno all'estero, la corruzione sociale e il disagio. C'è stato un crollo umano che ha incattivito le persone: l'arte può trovare un linguaggio nel raccontare la disperazione e la voglia di recuperare valori cristiani. Come è successo nei film "Amour", "Ruggine&ossa" o in "Quasi amici", dove i temi dell'accudimento, dell'eutanasia e della solidarietà sono raccontati con leggerezza e profondità».

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