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Quegli anni laceranti tra politica e natura

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Controtendenza,rispetto a certa idealizzazione di quegli anni, si pone «Cupo tempo gentile» (Marcos y Marcos), l'ultimo romanzo di Umberto Piersanti, che già conosciamo come uno dei nostri migliori poeti. Il racconto inizia nel 1967 e termina nel 1969, quando a Milano, durante una manifestazione, si ha il primo morto di quella stagione violenta, il ventiduenne poliziotto Antonio Annarumma. Andrea, protagonista della storia, è l'alter ego di Piersanti, che ha davvero attraversato quegli anni, anche nell'impegno attivo, ma senza mai anteporre la politica alla vita. Il suo è uno sguardo lucidamente critico all'interno dei movimenti studenteschi, rilevandone tutte le contraddizioni. In quella galassia di voci, Andrea vive i suoi dubbi e turbamenti, insieme alle più dolci e spensierate avventure erotiche giovanili. Fino ad ammettere che «sì, lui non pensava alla Rivoluzione culturale, ma ai versi di Leopardi e poi ai giorni della sua infanzia». A chi sosteneva che «tutto rientra nella lotta di classe, anche la produzione artistica», Andrea/Piersanti risponde che «no, una poesia, per esempio, può raccontare la mia emozione più lontana e segreta, il passaggio di una nuvola, un fiore che viene su dalla terra. L'arte può raccontare tutto, essa è al di sopra e al di là della lotta di classe». Nella narrazione vibrante e appassionata c'è tutta la poesia di Piersanti, i suoi luoghi, i suoi sentimenti. La poesia, fortissima e viva più che mai. Così, il protagonista si muove dentro e fuori dalle aule delle assemblee, e torna sempre ai fossi di campagna che ricorda da bambino, alla loro vita di piante e animali selvatici, perché «nel fosso ogni rivoluzione vuol dire poco... qui il tempo è solo quello delle piante e delle pietre...». Ma un'aria sinistra si avvicina alle parole urlate nei comizi ed è sempre la natura che annuncia le cose, come quando durante un'assemblea «una folata di vento spalancò la finestra: lassù tra i pini correvano nuvole nere ed enormi», si presagisce già la deriva violenta che prenderanno i movimenti, «la tempesta s'avvicinava in quel tardo e freddo autunno del '67». Ma cosa crede, nell'intimo Andrea, accusato di essere decadente e riformista? Crede semplicemente «in una società migliore, no, non perfetta, ma più attenta alle necessità di ognuno, crede in un tempo più gentile». Nicola Bultrini

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