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di Fabio Perugia Se c'è una tradizione divenuta moda che ha inondato di volumi gli scaffali delle librerie e riempito di numeri la bocca dei commentatori televisivi è la Kabbalah.

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Dispiaceper i più, ma la Kabbalah non è questo. Non è un gioco. Non è adatta a chi non crede, non è un passatempo da praticare di tanto in tanto, né un argomento da conversazioni in salotto. Non è un libro solo e non si può leggere senza un'adeguata preparazione. Non è una magia, non un pronostico, non assicura una vita migliore. Non è facilmente comprensibile, quindi togliamoci dalla testa la possibilità di metterci all'improvviso a studiare Kabbalah. Se tutto questo è chiaro, iniziamo col dire che la Kabbalah è parte della tradizione esoterica ebraica, è l'atto di ricevere, è spiritualizzare il mondo, è il livello più profondo della tradizione ebraica. E si basa su alcune regole, tra cui la «codifica» di parole-chiavi della nostra esistenza o la Gematria, che è l'arte della numerologia sacra. Ebbene, se la Kabbalah entra come un flusso continuo nella vita e nelle cose di questo mondo, trova la sua espressione anche nel mondo dell'arte. E l'arte italiana è piena di segni, è invasa da misteri kabbalistici, numeri nascosti negli angoli più remoti della scultura, della pittura, dell'architettura del nostro Paese. Trovarli tutti forse è impossibile. Trovarne molti è un lavoro faticoso che richiede l'esperienza di un divulgature del Talmud e quella di profondo conoscitore della storia dell'arte, la capacità di uno scrittore e la fantasia di chi è in grado di saper guardare oltre. È un lavoro adatto a pochi al mondo e in Italia, con grande probabilità, adatto solo a Roy Doliner. Uno studioso che vive tra New York e Roma (o, come dice lui, «tra la Grande Mela e il Grande Carciofo») e che dopo aver svelato «I segreti della Sistina», ha da pochi giorni pubblicato il suo libro «Il disegno segreto» (Rizzoli, pag. 320 euro 22,00), ovvero il messaggio della Kabbalah nell'arte italiana. Apritelo e lasciatevi trasportare, saltando di secolo in secolo, tra le meravigliose opere d'Italia. È un viaggio senza precedenti dove cultura e mistero si fondono lungo una strada di messaggi terreni e celestiali. Come quella tracciata nel 1165 che sorveglia la collocazione delle ultime tessere di un mosaico che copre tutto il pavimento della cattedrale di Otranto. «A lui e ai suoi assistenti - è scritto nel libro - sono occorsi anni per realizzare quell'incredibile, quasi psichedelico pot-pourri di immagini delle Scritture ebraiche, il Nuovo Testamento e perfino la leggenda di Re Artù, che era stata messa per iscritto in Inghilterra solo un quarto di secolo prima. Dopo tanta fatica, lo straordinario mosaico giace in gran parte coperto da banchi, sedie e dalle calzature dei fedeli; cosa ha spinto il monaco a progettarlo e qual è il suo significato?». Quale messaggio contiene lo spiega, ovviamente, Doliner attraverso l'intreccio di Kabbalah, storia e architettura. Gli esempi di misteri celati tra i monumenti italiani e svelati dallo scrittore sono innumerevoli. Roma ne è la culla. Prendiamo la Fontana delle Tartarughe in piazza Mattei. Nel 1584, trent'anni dopo l'istituzione del ghetto ebraico, la famiglia Mattei fece costruire la deliziosa opera. Un piccolo capolavoro di Giacomo Porta, tra gli ultimi collaboratori di Michelangelo. Il monumento non includeva nessun simbolo cristiano (a differenza delle altre fontane che avevano stemmi papali). All'inizio non era chiamata fontana delle tartarughe, perché il progetto prevedeva quattro efebi appoggiati a quattro delfini che alzavano altri quattro piccoli delfini. Ma in quel punto la scarsa pressione dell'acqua non prometteva una buona riuscita dell'opera e gli animali furono eliminati. Per generazioni i fanciulli stettero a braccia alzate in una posa senza senso. Finché nel 1658 non ci pensò il celebre Bernini che scelse di sostituire i delfini con delle tartarughe. Perché? Bernini era spesso consigliato dal più autorevole kabbalista cristiano, il gesuita padre Athanasius Kircher. Fu probabilmente la sua influenza a far scegliere all'artista quelle tartarughe simbolo di perseveranza che rientrano nella sfera kabbalistica di «Hod» e che erano un segno di incoraggiamento nei confronti degli ebrei rinchiusi nel ghetto. Di segni così Roma è piena. La mistica pervade il colonnato del Bernini che porta attraverso il «sentiero dell'illuminazione» alla Basilica di San Pietro. O gioca brutti scherzi all'entrata principale di Santa Maria. Ma ci sono anche esempi di recenti di «invasioni» della Kabbalah nell'arte italiana. Basta guardare la nuova piazza Montecitorio dell'architetto Franco Zagari. All'inaugurazione del 7 giugno 1998 nessuno si accorse del «segno». Eppure basta guardare la piazza dall'alto per accorgersene. Alla base del palazzo che ospita la Camera dei deputati ci sono tre strisce bianche ad anello tagliate in mezzo da una quarta linea bianca. Tutto questo forma un candelabro ebraico a sette bracci, la Menorah, che fa concludere le sue fiammelle all'interno di Palazzo Montecitorio nella speranza che la luce potesse simbolicamente illuminare il tempio della democrazia, conformemente a quanto è scritto nei Proverbi: «Quanto è meglio ricevere la saggezza che l'oro!». Il libro di Roy Doliner è, dunque, un originale e affascinante viaggio nell'arte segreta. Come dice l'autore: «Seguitemi e vi mostrerò lo straordinario disegno che si cela dietro la bellezza».

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