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di Lidia Lombardi C'è una piazza grande a Cerveteri.

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Èuna spianata, nella città alta, al culmine dell'intrico di vicoli e case. Vi si respira un'atmosfera strana. Come stare in mezzo a una scena teatrale da rifinire. Metà medievale, metà rinascimentale e anche con un pezzo di anni Cinquanta del '900. Edifici tutt'attorno, appunto, a uno spiazzo bianco sabbia. Te lo immagini di terra battuta, calpestata dagli zoccoli dei cavalli che sollevano nuvole di polvere. Ti immagini esercitazioni militari e processioni devozionali; attendamenti e balli all'aperto. Una piazza di luci e ombre architettoniche. Misteriosa per rocca del Duecento e la possente cinta di mura con tratti ancora etruschi. Interrotta però dalla scalinata che dopo la guerra è stata improvvidamente aperta per collegare la piazza al sottostante «corso», al terminal di autobus, ai negozi. Piazza Santa Maria, un po' metafisica nei volumi dilatati, è da una settimana con i riflettori accesi. La storia e un documento appena rinvenuto dallo studioso Ugo Ricci nell'Archivio Segreto Vaticano ne fanno il fulcro del Principato di Cerveteri, autonomo da ogni potere istituzionale e politico così come lo istituì con tanto di Bolla papa Clemente XI nell'anno 1709. Un atto nato dalla riconoscenza del Pontefice ai marchesi Ruspoli, a quel Francesco Maria Marescotti musicofilo e mecenate ma anche condottiero, visto che con il suo esercito di mille uomini aveva difeso Santa Romana Chiesa respingendo le truppe austriache fino a Ferrara. Il Palazzo Ruspoli occupa il lato lungo della piazza. Gentile nella loggia rinascimentale a cinque arcate, rustico nella rimanente metà. Un «passetto» lo collega alla chiesa di Santa Maria, anch'essa a due facce. Dell'XI secolo la parte quasi addossata al palazzo, degli anni '50 quella moderna, uno «stanzone» privo di appeal architettonico. L'altro scorcio è il tufo delle mura. Un medioevo rupestre, col torrione possente ingentilito dall'orologio, i merli, l'ingresso al Museo Etrusco intitolato ancora a una principessa, Claudia Ruspoli. È il raccordo con il passato più glorioso di Cerveteri, la città degli Etruschi, della maggiore potenza del Mediterraneo prima di Roma. Un passato che ha lasciato le tre necropoli a valle, con le tombe a tumulo e a camera. E con una miniera di suppellettili che hanno riempito a Roma il Museo di Villa Giulia (come non ricordare il Sarcofago degli Sposi, i vasi color ruggine a figure scure?) per non parlare delle migliaia di pezzi trafugati dai tombaroli. Una piaga denunciata in questi giorni, insieme con lo stato di abbandono degli scavi, e tanto più intollerabile per un parco archeologico dichiarato patrimonio dell'Umanità e in attesa degli ispettori dell'Unesco. Di orgoglio dei propri tesori e del proprio passato Cerveteri ha bisogno. Da testimoniare nella cura della città che possiede scorci insuperabili. La pianura che digrada verso il mare - dov'erano i porti di Alsium (ora Palo), Pyrgi (Santa Severa) e Punicum (Santa Marinella) - s'accende in primavera del giallo di ginestre e mimose. Altri fiori sono i carciofi cimaroli, che l'aria marina fa saporiti. Oh, che bel principato.

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