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«Patò perfetto al cinema

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Montalbano meglio sul piccolo schermo» Lo scrittore e il suo impegno civile «Dopo la Sicilia la mafia ha preso il nord»

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Èanche la prima pellicola, già presentata in anteprima al Festival di Roma e di cui Camilleri è co-sceneggiatore con Maurizio Nichetti, che porta al cinema un romanzo («La scomparsa di Patò» uscito nel 2000) dello scrittore siciliano. La storia, ambientata a Vigata nel 1890, segue le indagini di un maresciallo siciliano dei reali Carabinieri (Frassica) e di un delegato di pubblica sicurezza napoletano (Casagrande) sulla sparizione dell'irreprensibile (in apparenza) direttore di banca Antonio Patò (Marcoré). La verità emersa scotta ma si troverà una versione di comodo che accontenti sia la moglie sia il potente zio dello scomparso, nonché sottosegretario di Stato al ministero dell'Interno. Camilleri, il film uscirà insieme con la messa in onda, giovedì su Rai Uno, de «Il giovane Montalbano»: come mai ha condiviso l'idea di realizzare un prequel? È una scommessa in corso d'opera, che ho accettato di sceneggiare fra due serie dell'altro. Sono molto curioso di vedere come reagirà il pubblico, Gianluca Maria Tavarelli ha fatto un ottimo lavoro, interpretato da Michele Riondino, bravissimo attore: ha dignità pari al classico Montalbano. Il prequel televisivo in sei puntate è solo una pausa, poi tornerà «Il Commissario» con altri quattro episodi. Le piacerebbe portare anche Montalbano al cinema? E perché? Per ora mi sembra si trovi benissimo in televisione. Chi potrebbe rappresentare oggi un uomo come Patò? La differenza fra imbroglioni del passato, come Patò, e quelli di oggi, è evidente, basta aprire i giornali. Ma ora gli imbroglioni non scappano più e stanno in mezzo ai piedi tutti i giorni. Come le venne in mente di creare quel personaggio? Il romanzo nasce da tre righe di Sciascia, alla fine di "Ciascuno il suo", sulla scomparsa di un certo Patò. Da lì ho raccontato la tentazione che tutti noi abbiamo di mollare tutto e scomparire, almeno una volta nella vita. Patò che è un finissimo farabutto, lo realizza fregando anche la mafia. Volevo raccontare anche la supponenza e la stupidità del potere che vuole vedere i fatti sempre con i propri occhi. Mentre il carabiniere e il poliziotto, grazie alla loro intelligenza meridionale, riescono a inventarsi un escamotage per chiudere definitivamente le indagini sul caso. Quando uscì il libro, per Rocco Mortellitti (genero di Camilleri, avendo sposato la figlia, mentre la nipote Alessandra nel film interpreta la moglie di Patò ndr) fu amore a prima vista. Io sul film ci ho messo mano pochissimo come metto mano poco nelle sceneggiature per la tv. L'autore avrebbe idee diverse e probabilmente sbagliate. C'è speranza perché la mafia venga definitivamente distrutta? Si deve continuare a lottare contro la mafia. Molto spesso è mancata la volontà di combatterla, come è mancata la volontà di combattere l'evasione fiscale. Per quanto un ex ministro dell'interno si affannasse in tv a dire che non è vero, la mafia si sta mangiando mezzo nord come s'é mangiata mezza Sicilia. La penso come Falcone: la mafia è fatta di persone e come tale è destinata a finire. Quella rivalità tra Polizia e Carabinieri che descrive è vera ancora oggi? In verità non ho mai avuto a che fare direttamente con carabinieri e poliziotti, l'unica volta che sono stato arrestato risale al 1943, in Sicilia, e fu ad opera dell'americana Military Police, che picchia duro.

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