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Padre Adriano attacca il Vaticano

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Sanremo, Celentano sul palco dell'Ariston

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SANREMO «Che caz...è?» si lascia sfuggire Morandi (intercettando il pensiero di tanti telespettatori) quando, a metà serata, parte la Celentaneide. Scene di guerra, bombardamenti, morti e feriti, devastazione, angoscia. Cosa c'entri davvero con il Festival non si sa, e in effetti è l'idea originaria dello show di Adriano, mai andato in onda. Lui "profitta" bassamente dell'Ariston: emerge dal mucchio di "vittime", beve la sua acqua avvelenata e attacca un sermone che sembrerebbe critico verso l'audio nelle chiese. E invece: «Non sopporto che nelle prediche preti e frati non parlino mai del Paradiso, come se l'uomo fosse nato solo per morire. Le cose non stanno così. Che caz...di vita è questa?». E scaglia la coltellata al cuore di Raiuno: «Giornali inutili come Famiglia Cristiana e Avvenire andrebbero chiusi, si occupano delle beghe del mondo invece che di Dio e dei suoi progetti. Testate ipocrite, danno poco spazio a Don Gallo». Poi vira: «Sulla torre della stazione di Milano ci sono operai che dall'8 dicembre protestano contro la cancellazione dei vagoni letto che collegavano il nord al sud. Montezemolo ha fatto bene a fare il treno veloce, ma sono sicuro che ne costruirà uno lento per far vedere le bellezze dell'Italia». Arriva la Canalis, che incarna l'Italia. e gli dice: «non posso restare qui, mi stanno togliendo la bellezza». Adriano canta pezzi di Ray Charles e Buddy Holly, poi coinvolge Papaleo per la lettura della definizione del popolo sovrano. Viene giù l'Ariston, ma è populismo spinto travestito da politica. Il Molleggiato attacca la Consulta per aver respinto il referendum malgrado 1 milione e 200mila firme raccolte da Parisi e Di Pietro. Pupo sembra contestarlo dalla platea: «Stasera hai detto una grande verità, tu non sei nessuno, Sottovaluti quelli bassi». Effetto sorpresa, ma è una manfrina. Spunta Morandi, che spalleggia Adriano. Pupo recita il controcanto: «Gianni, da quando anche tu sei un paladino della sinistra?». Parte l'attacco al direttore generale Lei. Celentano: «Forse si chiama così per distanziarsi da Santoro». Giberna: «Anche quella non è stata una bella cosa». Il ragazzo della via Gluck: «Vuoi dire che la Rai censura?». Tre cantanti, 15 milioni di italiani, un pateracchio osceno che rischia di portarsi via per le querele anche gli infissi dell'Ariston. Mazza è un cencio. Replica subito Tarquinio, direttore di Avvenire: «Con i soldi per Celentano potevano aprire sedi Rai in Africa». Prisencolineinsinailciulsol, oh yeah. Finale su Gesù, «venuto per toglierci la polvere dall'anima e dimostrarci che la morte non esiste né per i buoni né per i cattivi». Si parla del regno dei cieli. Ma anche di un critico tv «deficiente». Come va l'audio nella chiesa di Adriano? Vogliamo tutti il suo microfono, per insultare chi ci sta sulle scatole, e senza contraddittorio. Davvero, finiamola di dare carta bianca ai sedicenti profeti.  Prima di A.C. Morandi, le panchinare Belen e Canalis, l'apertura con Luca e Paolo. Va bene la sobrietà e il low cost. Ma pur di non far salire troppo lo spread sanremese sono ripartiti con la stessa squadra del 2011. Dopo due minuti di bla bla la salivazione di Gianni è azzerata. Lui ammette: «Mi serve un bicchier d'acqua». E chiama a gran voce dietro le quinte «Pippoooo». Si teme il ribaltone baudesco, poi tutto rientra. Tra malattie, riapparizioni discount e il voto che si blocca in diretta (esibizioni da ripetere stasera, tutte!), spot lanciati a vanvera, si è giocato con quel che si aveva. Di diverso - è un dettaglio - c'è solo il Paese. Il mezzo blitz. Terrore a Corso Matteotti: la Finanza fa controlli ai ristoranti attorno all'Ariston. Come a Cortina e Milano. Tutti a spostare i Suv nei carrugi della città alta. Poi, cessato allarme: «è routine», giurano. In certe vetrine rivedi il vecchio polipo nell'acquario: uno educato, che ti dice bentornato ogni anno. Comici scornati. Luca e Paolo l'altr'anno vincevano facile con Silvio e Fini. Ma con i professori «non si può far satira». Allora riscrivono "Uomini soli" dei Pooh e ci cantano sopra che «al ministero c'è quel legno della Fornero», si sorprendono che « le escort sono in cassa integrazione», e insomma «fai che torni quel pelato». Poi giù lazzi sul canone Rai, sulle fatture, l'elenco benignesco dei genitali, un "Va Pensiero" in salsa lumbard fino alla sfida al "Noleggiato" («costa troppo»), sulle pause, la lavagna sulla foca e via andare. Bravi. Far ridere in questo clima vale un ingaggio. Al ribasso. Papaloden. Rocco arriva in loden. Si autodefinisce un «conduttore tecnico». Dice liberatorio che lo slogan "stiamo uniti" era una "minchiata", meglio "stiamo tecnici". Resta in smoking e si lamenta perché «sto come Dio comanda, e qui siamo senza donne». È omonimo di Siffredi, del resto.

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