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Il fantasma di Grillo accanto a Celentano spacca il Festival

Beppe Grillo

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In pura teoria, stiamo parlando del Festival della canzone italiana. Ma a due settimane dalla premiére, a nessuno importa troppo di capire se il pezzo vincitore parlerà di Dio, di amor carnale o dell'Italia grigia del professor Monti. Sanremo è un moltiplicatore esponenziale di tensioni nazionali: basta poco e scoppia subito l'inferno. Ci si è messo pure il Tg1, con un servizio ironico in cui la valletta ceca Ivana è stata presentata come una pupattola sexy e nient'altro, e sono insorte le associazioni femminili. Nelle scorse 24 ore l'asse del pianeta rivierasco si è spostato di qualche grado da Celentano a Beppe Grillo: secondo "Il Secolo XIX", che di cose liguri ne sa come nessun altro, il primo avrebbe chiesto al secondo di partecipare alla sua incursione della terza serata. Poche ore dopo, è arrivata la smentita del Clan: nessun progetto segreto su un duetto tanto scomodo, né la Rai né tantomeno Adriano pensano a una trovata così esplosiva. Nel frattempo, era già partito il primo tomahawk dal Cda di Viale Mazzini: il consigliere Verro (fresco dimissionario dal ruolo di deputato Pdl) "sperava" che il Molleggiato non coinvolgesse l'ex comico: «Sarebbe una bella bomba, in tutti i sensi. Spero davvero che Celentano non goda di tutta questa autonomia». Dichiarazione che si prestava a interpretazioni non effimere: in un'azienda che lo stesso Garimberti ha definito «ormai ingovernabile» può ben capitare che i consiglieri siano gli ultimi a sapere quel che accade, ma i primi a commentare l'eventualità che a Sanremo metta piede il leader di un movimento che ha già insediato i propri rappresentanti negli enti locali, e la cui posizione storica nei confronti della Rai è la battaglia per l'abolizione del canone. Il gustoso paradosso è che se Grillo accettasse davvero di affiancare Celentano, i contribuenti avrebbero sborsato i 750mila euro per il compenso del Profeta non solo per una discussa destinazione di beneficenza, ma anche per consentire a un leader di partito di tuonare contro questo o quello, e magari anche contro gli sprechi della tv pubblica. Ma probabilmente nulla di questo accadrà, e avremo il solo Molleggiato a gestire quello che da più parti è stato definito un «talent show della povertà». L'ultima volta che Grillo era andato al Festival era il 1989: scagliò anatemi contro De Mita e «il clan degli avellinesi» di cui faceva parte il potentissimo Agnes, spese parole di sarcastica simpatia per l'imprenditore Berlusconi e concesse una battuta su Martelli che «per farsi uno spinello aveva speso cinque milioni per andare fino in Kenya», rimbalzo della precedente - per lui televisivamente letale - sortita a Fantastico sui «socialisti che rubano». Di certo, al di là dei dinieghi di facciata, Adriano e Beppe hanno messo sul taccuino l'ipotesi Sanremo: è accaduto a dicembre, a Genova, nella manifestazione pro-alluvionati. La stessa che vorrebbero rilanciare dal Festival, per un'altra di quelle idee delle quali non si può dir male, a meno di non voler passare per commentatori malvagi e tendenziosi.

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