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di Carmine Mastroianni Al libro della Memoria vogliamo aggiungere un'altra pagina, un'altra storia di ingiustizia e di sofferenza, dimenticata e mai raccontata.

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Solamenteda pochi anni ha cominciato a srotolare quel gomitolo di dolore generatosi dall'inferno di Dachau e di Mauthausen. Il calvario - come lui stesso lo definisce - comincia per lui in terra greca. All'indomani dal ferimento ad una mano - ancora ne conserva il segno - viene ingiustamente trascinato innanzi al tribunale militare della XI Armata di stanza a Lusnie, in Albania, nel 1941. È accusato di essersi intenzionalmente inferto un colpo d'arma da fuoco per ottenere il rimpatrio. Semplice contadino, incapace di potersi difendere, è una delle tante "vittime" di un tribunale pronto a punire i soldati semplici e a coprire le magagne dei suoi ufficiali. Nel carcere militare di Gaeta Antonio Morelli deve scontare vent'anni per diserzione, ma non vi resterà a lungo, poiché nell'imminenza dello sbarco alleato a Salerno viene traferito a Peschiera del Garda. Qui, dopo l'occupazione delle truppe tedesche, il 9 settembre del 1943, insieme ad altre centinaia di commilitoni è consegnato dal comandante della fortezza alle SS, con le quali però non accetta di collaborare per finire tra le istituende squadre repubblichine. Comincia così, su un carro bestiame, il suo viaggio alla volta di Dachau. In Baviera giunge il 22 settembre 1943 schedato come AZR (Arbeitszwang Reich) 'lavoratore forzato per il Reich', rivestito con degli stracci e contrassegnato da un triangolo nero, quello degli asociali, da quel momento sarà il numero 53918. Dopo indicibili sofferenze e privazioni è inviato a Mauthausen, dove arriva il 9 dicembre di quello stesso anno e riclassificato come "Schutzhaftlinge" 'prigioniero politico' con la matricola 40663. Finisce quindi a costruire fusoliere e poi a montare cavi di aerei nelle fabbriche sotterranee di Schwechat-Floridsdorf, presso Vienna, fino alla primavera del 1945 durante la quale, sotto i bombardamenti alleati salverà anche delle vite umane. Sarà tra i pochissimi superstiti, dei 1600 di Peschiera, ad essere liberato nel campo di Steyr - Alta Austria - dall'esercito americano. Riportiamo un estratto del racconto - ancora in attesa di un editore! - e da me raccolto in base alla testimonianza del Morelli: "Lo spettacolo che si aprì innanzi a me, non appena entrammo nella piazza del lager (Dachau), la Appellplatz, resta indescrivibile. Sembrava la spiaggia dell'Acheronte, vi era una teoria di lunghi baracconi neri e, a vigilare su di noi, tanti diavoli in divisa con staffili e mitraglie. Non l'ombra di un albero, ma una processione di uomini simili a larve e coperti di pigiami a righe su cui c'erano strani triangoli di stoffa colorata. Orridi fantasmi. (…) Ci ordinarono di togliere gli indumenti, sotto la pioggia, fredda, battente, ma poiché recusammo le SS si avventarono sul di noi a picchiare. Vidi mascelle spaccate, volti sfigurarti, carni piagate, persino dei cani che dilaniavano gambe e braccia(…). Capitolammo. Eravamo nudi come vermi in quello spiazzo melmoso. Osservavo il mio corpo, scheletrico e sporco, in una folla ormai anonima; mi sembrò di aver perso non solamente la dignità ma la stessa essenza umana, lì, in quel non luogo aborto della ragione. Quando si è nudi, con i piedi nel fango e la testa nella pioggia, ogni velleità svanisce e ogni maschera si infrange. Gli occhi infossati si incontravano e si scrutavano: non vedevamo più divise, gradi militari, ma qualcosa di più, seppur impenetrabile". Antonio Morelli, classe 1917, alvignanese, uno sconosciuto "eroe" italiano che meriterebbe - Signor Presidente Napolitano - un riconoscimento per aver anteposto la lealtà per la Patria ferita alla sua stessa libertà.

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