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Westminster? Lasciatelo sprofondare

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Per i sudditi di Sua Maestà l'unica maniera di salvarlo è venderlo ai cinesi In Italia c'è chi si indigna perché Della Valle vuole restaurare il Colosseo

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Nemmenose la costruzione in questione è il simbolo stesso della loro nazione: il palazzo di Westminster con Big Ben annesso. E pensare che qui da noi, con tagli alle pensioni e un debito pubblico che sembra una pietra al collo, c'è chi si indigna perché Diego Della Valle ha offerto un cospicuo finanziamento per il restauro del Colosseo. Ma andiamo per ordine: la torre con orologio più famosa del mondo, costruita nel più puro stile gotico-vittoriano, ha iniziato a inclinarsi visibilmente. Palazzo e torre se ne stanno cascando nel Tamigi come, più o meno, anni fa si disse che stava accadendo al romano «Palazzaccio». Comunque se il Regno Unito vorrà scongiurare che l'intero complesso sprofondi ingloriosamente nei fanghi del fiume sarà necessario varare un vasto piano di ristrutturazione con una spesa totale calcolata di 1 miliardo di sterline che, al cambio attuale, corrisponderebbero a circa un miliardo e duecento milioni di euro. Mica bruscolini. Non solo, il vecchio palazzone ha parecchi altri problemi e in molti temono anche, visto il pessimo stato degli impianti, soprattutto quello di riscaldamento, che l'intero edificio possa saltare in aria da un momento all'altro. Insomma: una gran brutta grana. A noi italiani sembrerà strano, ma per parecchie persone la spesa non vale l'impresa. Soprattutto perché si tratterebbe di soldi pubblici che, da quelle parti, devono essere spesi col bilancino perché altrimenti gli elettori s'indignano (ma anche di più) moltissimo. Una «gola profonda» del Parlamento inglese ha svelato al tabloid Mail on Sunday gli umori interni: «I contabili fanno notare che è illogico spendere 1 miliardo di sterline per un complesso che vale 1 miliardo». Anche perché, non solo il Big Ben si inclina come la torre di Pisa, ma l'intero edificio di Westminster rischia incendi e black out elettrici, oltre che essere ingurgitato dal fango del Tamigi. La soluzione? Vendere. Un portavoce dei Comuni ha confermato che la vendita del palazzo del parlamento è un'ipotesi assolutamente realistica e presa in esame per giungere alla svolta in una situazione decisamente «complicata». Il complesso è (ovviamente) d'importanza storica primaria e dunque soggetto a una moltitudine di vincoli storico-architettonici. Al momento tutti sembrano voler prendere tempo. «È probabile che per molti anni ancora non verrà presa alcuna decisione», ha aggiunto il portavoce. Qualcosa però si dovrà prima o poi decidere. Con l'immancabile humor britannico c'è chi ipotizza che la svolta potrebbe arrivare con una... esplosione. Le caldaie del complesso sono state infatti «rinnovate» prima della Seconda Guerra mondiale e pare minaccino di saltare in aria da un momento all'altro. Come non bastasse il palazzo è anche pieno di amianto. Il Big Ben, al momento, è inclinato di 0,26 gradi a nord ovest, a causa della metropolitana, come è stato scoperto solo di recente, quando già il problema era visibile a occhio nudo. Rimettere tutto a posto è un vero incubo. Meglio allora, dicono a gran voce i difensori dei borsellini degli inglesi, lavarsene le mani e vendere palazzo, Big Ben e problemi per 1 miliardo di sterline e costruire un nuovo Parlamento, moderno, più bello, pratico, per «appena» 500 milioni di sterline. Al di là del denaro, infatti, i lavori di ristrutturazione, che dovrebbero durare almeno cinque anni, creerebbero comunque una serie di inconvenienti: la camera dei Comuni dovrebbe chiudere i battenti per almeno due anni e deputati e pari del regno dovrebbero trasferirsi in una sede temporanea per un lungo periodo. Da qui l'idea semplice e pratica: trasferirsi punto e basta. Le linee guida del Tesoro, ora che l'erario è affamato, prevedono per le spese pubbliche di esplorare ogni possibile scenario. Senza sentimentalismi. Proprio per oggi è stata convocata una riunione della Commissione Camera dei Comuni presieduta dallo speaker della Camera dei comuni, John Berkow, in cui i tecnici illustreranno i possibili problemi che il palazzo dovrà affrontare nei prossimi anni. «La difficile scelta è quella di spendere soldi per essere criticati o di abbandonare uno degli edifici fra i più simbolici al mondo e venderlo ai russi o ai cinesi», ha detto al Mail on Sunday Berkow. Insomma i soldi degli inglesi sono sacri, con buona pace della storia: le prime riunioni dei Comuni avvennero infatti nel 1213. Intanto il palazzo di Westminster attende la visita della regina. Come accaduto nel 1977 per i suoi 25 anni di regno, e nel 2002 per il giubileo d'oro, Elisabetta II rivolgerà un messaggio personale alle due camere riunite del Parlamento di Londra il prossimo 20 marzo, in occasione delle celebrazioni del sessantesimo anniversario della sua salita al trono, il 6 febbraio del 1952, dopo la morte del padre, re Giorgio VI. Lo ha annunciato il leader della Camera dei Comuni, sir George Young, precisando che la sovrana parlerà a deputati e lord nella grande sala utilizzata per gli eventi speciali. E se il patron della Tod's dovesse passare da quelle parti siamo sicuri che lo accoglierebbero a braccia aperte.

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