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di Lidia Lombardi Guardate il cielo di notte, in questo fine settimana.

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Guizzicorruschi, a lambire la luna, le stelle. Sono i falò che salutano Sant'Antonio Abate - Sant'Antuono a Napoli, Sant'Andonie in Abruzzo, per dire che non è l'aureolato di Padova - il protettore degli animali celebrato il 17 gennaio. Un santo della porta accanto là dove si lavora la terra. Da tenere nell'angolo più protetto della casa (o del casale), come l'antica Roma teneva i Lari. Un «nume» che tutela non solo l'aia, ma l'aratro, l'erpice e quel che resta del raccolto d'estate, la biada, i semi. Sicché le cataste che s'affastellano per giorni, coi legni e la paglia, evocano i vitelli che bruciavano sull'ara e che erano bucolica e georgica ricchezza. Ma guardate il cielo anche al tramonto, in questo fine settimana. Lo troverete azzurro più a lungo, così come resta più alto all'ora di desinare. È passato un mese dal solstizio d'inverno, s'avanza a grandi passi verso la primavera, si conquista la luce, il calore che risveglierà la terra. L'omaggio al santo è anche questo. Ma chi era Antonio? E perché si lega al fuoco e alle bestie di casa? Era un nobile egiziano, vissuto tra il 250 e il 356. La chiamata del Signore gli giunse in chiesa, a diciott'anni, rimasto orfano e diventato unico tutore della sorella. «Dai le ricchezze ai poveri e seguimi», disse Cristo. E anticipando il Poverello d'Assisi, Antonio regalò tutto e s'incamminò nel deserto, per restarci sempre. Vita aspra e non solo per gli stenti. Il diavolo lo tenta, tanto insidioso da incendiare la fantasia di Gustave Flaubert, che firmò il poema «Les temptations de Saint-Antonine». Il diavolo colpisce l'anacoreta anche nelle membra, con quella malattia che brucia la pelle, il «fuoco di Sant'Antonio», come si chiama l'herpes zoster. Ma Antonio se lo prende, il fuoco dell'inferno, per riscaldare i poveri. E si porta dietro, nell'abisso della fiamma, un maialino, o un cinghiale, secondo i celti. Così il cerchio si chiude. Antonio patrono del fuoco, degli animali, degli ammalati. Tra sabato e domenica, vigilia del 17 gennaio, arderanno tante cataste. La più grande a Novoli, in Puglia, vicino Lecce. Una «fòcara» alta 25 metri, intrecciata con tralci di vite, salutata da migliaia di persone giunte in pellegrinaggio tra le campagne del vitigno Negroamaro. La celebrazione è entrata nella lista del Patrimonio Italiano della Cultura Immateriale. E ora aggiunge nobiltà con l'installazione di Mimmo Palladino, che punteggia la propria fòcara di stilizzati cavalli bianchi di cartapesta. Arderanno anche loro la sera del 15 gennaio, tra canti e balli. Pire a Soriano nel Cimino e a Bagnaia, nel Viterbese dei noccioli e dei castagni, che offre a turisti e a animali «il biscotto di Sant'Antonio». Fuochi a Monterotondo. E a Collelongo (L'Aquila) nella «cottora», enorme pentola, bolle il mais e si sforna la «pizza roscia». Nel Pescarese, vanno in scena le Tentazioni del Santo a Villa San Giovanni e a Lettomannoppello. Il giorno dopo si raccoglie la cenere e si conserva. Farà fertile terra e anima.

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