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Ora Patria è idea di sinistra

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Sdoganamento con lapsus ed esempi spericolati Si dimentica Pertini, si esalta il Saviano-pensiero

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Serveil colpo di reni, la riaffermazione dell'orgoglio di essere italiani mentre il mondo agita lo spettro del nostro default e troppi fanno smorfie o sorrisetti. Insomma, è il caso di stringerci attorno alla Patria, e pronunciarla, questa parola fino a poco tempo fa appannaggio dei cosiddetti conservatori, se non dei naftalinati monarchici o dei velleitari destrorsi. Titolano il loro libro «Patria» (con tanto di coccardina tricolore in copertina e sottotitolo «Un'idea per il nostro futuro») un senatore del Pd, Roberto Della Seta, già presidente di Legambiente, e un ordinario di Storia del Diritto a Roma 3, Emanuele Conte. Nella convinzione che patria sia a buon diritto idea di sinistra «perché ha moltissimo a che fare con tre parole che appartengono inequivocabilmente alla storia della sinistra: socialità, solidarietà e cambiamento». Il senatore del Pd ha il ruolo del leone, avendo scritto due delle tre parti che compongono il volumetto. A Conte tocca l'excursus sulla formazione dell'idea di patria in Italia e in Europa e la doglianza sul taglio dei fondi ai nostri istituti di cultura - come quello per il Medioevo - che lavorano sulla storia dello Stivale, ovvero sul crogiolo dal quale 150 anni uscì il Paese, unito dalle Alpi all'Etna. Ma è compito di Della Seta dimostrare quanto Patria sia idea di sinistra. Buona intenzione, argomentata però con una serie di sviste. Mai come adesso la Patria è divisa, argomenta. Paese reale da paese legale, ricchi da poveri, Nord e Sud, berlusconiani da «progressisti». Il Pdl, che riunisce gli eredi del patriottismo conservatore, ha nutrito in grembo la serpe-Lega, ovvero il partito «che per statuto si batte per il "conseguimento dell'indipendenza della Padania"...». Anche se poi la Lega potrebbe essere modello per i nuovi patrioti. Essa è infatti l'«unico partito popolare che ha scelto come proprio interlocutore, come destinatario dei propri messaggi, un popolo intero: senza connotazione di classe o di religione, senza limitazioni di cultura politica (l'anticomunismo, l'antifascismo)...». Però se parlare sinceramente di patria è mettere da parte gli odii contrapposti, come fa Della Seta a prendere ad esempio il Saviano-pensiero, allorché il guru di Gomorra richiama Piero Gobetti e sentenzia che oggi «rivoluzione liberale è cercare di parlare all'altro, mostrare che non si tratta di una parte che deve vincere sull'altra, smetterla di considerarci, destra e sinistra, due Paesi diversi»? Come glissare sul fatto che Saviano riempie le prime pagine di «Repubblica», ovvero del quotidiano che per missione divide i cittadini in buoni e cattivi, leggi berlusconiani e non? Ci sono poi dimenticanze illuminanti nel ragionamento di Della Seta. Tra coloro che negli ultimi anni hanno dato «segnali promettenti di una riscoperta della patria» e peso a simboli come tricolore e inno di Mameli cita Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano. Completo silenzio su Sandro Pertini, più lontano nel tempo ma inventore, dal Colle, del rito del bacio sulla Bandiera. Il fatto è che l'ex partigiano impersona il vecchio socialismo tricolore, mentre Ciampi rappresenta bene l'azionismo gobettiano. Una distinzione che rimanda al dibattito tra Renzo De Felice e Gian Enrico Rusconi. Il primo agganciava il concetto di patria (e di nazione) alla Storia, il secondo sosteneva il patriottismo in provetta, quello costituzionale. Dimenticando però - ed era l'obiezione di De Felice - che qualsiasi Costituzione è frutto della Storia. E veniamo all'attuale olimpo tricolore. Della Seta ci sistema Fini e Veltroni, «leader atipici sia della destra sia della sinistra». In più Nichi Vendola, il quale nonostante la «biografia comunista» rivolge la propria comunicazione politica al «popolo». Ma Fini, in fondo sincero italianissimo, è percepito proprio dal popolo più come capo di partito che come Presidente della Camera. Veltroni ha fallito il progetto di leadership. Vendola pretende di parlare al Paese però è incomprensibile ai più. Urgono altri, più convincenti patrioti.

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