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di Katia Perrini Virginia ha i capelli nerissimi, il collo alto e dritto, la bocca a forma di cuore.

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Cheti «condanna» tutta la vita a cercare quello stesso sguardo, ogni giorno, negli occhi di un'altra. Ed illuderti, alla fine, di averlo trovato negli occhi della sua migliore amica o di sua sorella. Virginia col fazzoletto rosso al collo, giovane e coraggiosa partigiana vittima dell'amore conteso tra due compagni e per questo torturata e uccisa dai fascisti. Virginia, sostituita da Vittoria, moglie e amante. Loro e le altre, mogli tradite, seducenti amanti. È una storia di donne, «La mia anima è ovunque tu sia», ultima fatica di Aldo Cazzullo. Non protagoniste, ma perno attorno al quale ruota il romanzo ambientato tra il finire della seconda guerra mondiale e i giorni d'oggi. Pretesto per poter raccontare la storia stessa dell'Italia sospesa, ieri come oggi, tra guerra civile e sentimenti, odio e amore, religione e denaro. «La donna italiana è protagonista». Ne è convinto, Cazzullo che in varie occasioni pubbliche ha avuto modo di sottolineare quanto la donna «oggi, coerentemente, ha compiuto grandi passi avanti, però, già prima, già nell'Ottocento, già nel Novecento, la donna italiana è protagonista». È così che il romanzo, ambientato nella «sua» Alba, attraverso lo sguardo femminile, scandaglia le mille sfaccettature italiche pubbliche e private. È il 25 aprile del 2011 quando in un bosco della Langa viene trovato il cadavere di Domenico Moresco, industriale del vino. Si pensa subito a un infarto ma un minuscolo foro sul cadavere rivela una mano assassina. Flashback. Alba, aprile 1945. Moresco è il capo dei partigiani rossi. Il suo cuore batte per Virginia ma capisce che lei ama un altro, Alberto Rinaldi. Domenico sembra allora fare un passo indietro lasciando campo libero ai due innamorati. Che si amano, come mai prima e mai più. Ma è solo una «finta». L'amore è spezzato dalla missione «impossibile» di Virginia che viene spedita da Moresco sulle montagne, praticamente tra le «braccia» dei fascisti. Ma non basta. Ed è qui che Cazzullo getta una luce inattesa sulla nascita della nostra nazione. Assetato di potere e di denaro, il capo dei partigiani rossi, tradendo l'amicizia del compagno Alberto e la memoria della donna che hanno amato, tiene per sè metà del tesoro della Quarta Armata. Sono le ricchezze frutto delle requisizioni, accumulate dalla forza di occupazione, che vengono spartite tra Curia e partigiani. Moresco ci costruisce la sua fortuna ma, al contempo, riscrive il suo destino. Attenzione, però. Il finale, che parrebbe ovvio, è tutt'altro che scontato. Da leggere in un soffio, veloce e incalzante, il romanzo rivela e rilancia le contraddizioni di un Paese, il nostro, dove «c'è un'Italia che lavora e fabbrica ricchezza» e «ce n'è un'altra che cerca il potere sulle anime e prima o poi finisce per mettersi di traverso, costringendo l'altra a un compromesso ben più faticoso di quello che ad Alba la curia e i partigiani avevano trovato in una notte». Ha spiegato, l'autore, d'avere «un giudizio molto critico sull'Italia di oggi ma molto ottimista sull'Italia di domani. Credo che noi italiani siamo molto più legati all'Italia di quanto vogliamo riconoscere». Chiama a conforto di questa idea, Cazzullo, le 100.000 copie vendute del suo saggio "W l'Italia". Un successo che spera di ripetere con questo romanzo.

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