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Venezia è triste? Colpa di Berlusconi

Venezia

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L'Occidente ha esalato il suo ultimo respiro. Peggio. È stato colonizzato da un conglomerato mediatico cinese. Che lo trasforma in un osceno e scintillante parco giochi per miliardari viziati. Accade a Venezia, a cui dal '700 tocca d'incarnare il topos artistico dell'ultima spiaggia. Anno 2092. La città è stata inghiottita dalla Grande Onda, viene comprata dai gialli detentori del capitale che la ricostruiscono a modo loro. Installandovi una gigantesca serra del relax e del lusso, metafora presa a prestito dal filosofo teutonico Peter Sloterdijk. "La seconda mezzanotte", romanzo di Antonio Scurati, si avvia sui binari della tradizione dell'utopia negativa, che dagli illustri natali di Huxley e Orwell si giova ogni tanto di provvide riesumazioni, l'ultima quella del premio Goncourt Houellebecq. Un mondo cupo, rovesciato, dove festini e crudeltà sono facce della stessa medaglia. E dove lo spazio sociale è risucchiato in un circuito di divertissement da mangiatoia - riedizione dei romani "panem et circenses". E infatti ci sono i gladiatori, carne da macello sotto la cupola in vetrocemento "Superdome", che ha inghiottito il campanile di San Marco. Gli ingredienti del postmoderno ci sono tutti: la sera hegeliana del mondo, il simulacro che si è mangiato il reale, la struttura complice della sovrastruttura. Eppure, non c'è solo il nichilismo, c'è anche il colpevole. E Scurati, presentando il libro ieri l'altro a Roma, non se lo tiene per sé: "Il bordello della fine dei tempi che Nova Venezia rappresenta è l'Italia di Berlusconi". Basta un po' di "sensibilità cronachistica", come la chiama lui, et voilà che Nova Venezia si trasforma nella bolla di sapone del Caimano. Con lo zampino della Cina e la sua mania di fare incetta di debiti pubblici. Alla Feltrinelli di piazza Colonna gli astanti plaudono: "Profetico!". E lui rivendica a spada tratta la nuova missione dell'intellettuale "engagé", il vate della generazione TQ, riunitasi lo scorso aprile in una saletta angusta della Laterza sotto il nume tutelare della Minimum Fax. Sono i Trentenni Quarantenni animati da Scurati (già over-40, ma chiudiamo un occhio), insieme a Giuseppe Antonelli, Nicola Lagioia, Giorgio Vasta e altre sedicenti giovani promesse. Bene. Il nuovo che avanza sarebbe il prendersela col solito Berlusca, immancabile ingrediente di ogni salsa letteraria radical-chic. E beato Marx che ancora poteva confidare nella dialettica. Tramontati gli storicismi, non resta che il «dover essere» del moralista eroico, il cui mandato è puntare il dito contro il presente corrotto. Scurati lo fa con oltre trecento pagine che dire cupe è un eufemismo. Una corsa all'aggettivazione più desolante, allo scenario più claustrofobico. Senza uno straccio di speranza, poiché ai veneziani autoctoni sono proibiti i figli, i fucili e gli dèi (rispettivamente: il futuro biologico, geopolitico e metafisico). E chissà che in questo tormentone della deprivazione, non ci sia anche quella, più autobiografica, del Premio Strega 2009 soffiatogli per un punto. Che ci sia un intento superiore politico e sociale, nulla da eccepire. Eppure resta l'istinto, forse un po' canagliesco, di trastullarsi col dubbio se poi la verve polemica giovi davvero alla causa della letteratura.

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