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L'Abbazia di San Galgano tra mito e storia

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La leggenda inizia con la storia di Galgano Guidotti, figlio di Guido e Dionisa, nato a Chiusino nel 1148 in un Medioevo insanguinato da violenze, stupri e soprusi. In quel tempo essere violenti per i signorotti del luogo significava anche manifestare la propria forza e il proprio potere con spavalderia, a volte persino a semplice scopo ludico. Pure Galgano, come tutti i cavalieri dell'epoca, era un giovane arrogante e frivolo, finché quel modo di vivere diventò al suo sguardo insulso e insopportabile. Quasi per dimenticare e riflettere sul suo passato baldanzoso, Galgano si ritirò sulla collina di Montesiepi, a poca distanza dalla sua abitazione. Da lì non tornò più e condusse una vita da eremita, disgustato e pentito per le nefandezze commesse e intento a chiedere il perdono di Dio in un'isolata vita ascetica. Per testimoniare al mondo che il suo cambiamento era davvero avvenuto, un giorno il giovane cavaliere conficcò la sua spada in una roccia, deciso a usarla come croce e non più come arma di violenza. L'anno dopo, nel 1181 Galgano morì e nel 1185 fu dichiarato santo da Papa Lucio III. Attorno al suo eremo venne costruita una cappella e nel 1218 iniziarono i lavori dell'Abbazia cistercense. Ma la peste del 1348 colpì feralmente la comunità monastica, tanto che nel corso dei secoli l'Abbazia venne trasformata in una fatiscente fattoria. Solo nel 1926 i lavori di restauro portarono a rinnovato splendore ciò che era rimasto dell'enorme complesso monumentale, che sorge a circa 30 chilometri da Siena, tra Monticiano e Chiusdino, in un territorio ricco di bellezze naturali e ancora incontaminate. La spada è autentica del XVII secolo, almeno secondo quanto accertato da Ewart Oak, uno dei massimi esperti di spade medievali. Nel tempo la spada è stata spezzata (e poi subito riparata) da vandali che cercavano in ogni modo di strapparla dalla roccia davanti ai turisti curiosi. Alcuni studiosi hanno anche azzardato l'ipotesi di una vicinanza tra le vicende di Galgano e quelle di Re Artù: entrambi i fatti si svolsero infatti nel XVII secolo e il nome di Galgano ricorda in maniera evidente quello di Galvano, uno degli Arturiani che sedevano alla famosa tavola rotonda. Tra mito e storia la spada nella roccia di San Galgano resta ancora lì a sfidare le generazioni di visitatori che cercano di carpire il mistero di quei luoghi dalle atmosfere fantastiche. Il culto di san Galgano si diffuse rapidamente, soprattutto nell'ambiente cavalleresco. Era un culto che parlava di cavalleria in cui, accanto a Galgano, vi era un coprotagonista, san Michele Arcangelo, un angelo, guerriero, quasi sempre rappresentato con la spada sguainata. Il culto di san Michele era diffusissimo in tutto il Medioevo ed era particolarmente sentito presso i guerrieri, come i Longobardi e i Franchi, la cui devozione si esprimeva con riti e pellegrinaggi, con la costruzione di chiese come Mont Saint Michel in Francia e con la rappresentazione dell'angelo nelle monete o negli stendardi. San Galgano si dice che ebbe infatti due visioni in cui l'arcangelo Michele gli indicò il suo percorso di vita ascetica. Per comprendere il significato della parabola esistenziale di Galgano occorre inquadrare storicamente l'intero periodo di lotte per la successione della Gran Contessa Matilde di Canossa. Il patrimonio della Gran Contessa era immenso, estendendosi dalla Toscana settentrionale alle sponde adriatiche della Romagna e fu lasciato, alla sua morte, alla Chiesa. Iniziò così una lunga diatriba politico-legale che attraversò il periodo e che culminò nello scontro fra i massimi poteri universali, Impero e Chiesa, scontro sempre latente, i cui protagonisti principali sarebbero stati prima papa Innocenzo III e poi Ludovico il Bavaro. Il vescovo Pagano Pannocchieschi, esponente di un mondo feudale ormai al tramonto, guidò la resistenza del castello di Chiusdino contro Siena, ma dovette arrendersi alla nuova era e sottomettersi: era il 1215 ed il comune di Siena aveva vinto.

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