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di MAURIZIO PICCIRILLI Non era un giorno qualsiasi quel 12 luglio 1962 nel villaggio del Libano del Sud Tair Dibba.

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Nelsuo destino era segnato il futuro del Libano, degli Stati Uniti e d'Israele. Di lui il Mossad, in un rapporto del 2001, ha scritto: «Al suo confronto Osama Bin Laden è una mammoletta». Giovane religioso, cresciuto in una famiglia modesta, era considerato il più pericoloso terrorista internazionale. Anche dopo l'11 settembre 2001. Su di lui gli Usa avevano messo una taglia di 25 milioni di dollari, la stessa cifra di Bin Laden. La sua morte arriva improvvisa dopo anni di silenzio, a Damasco il 14 febbraio 2008, ucciso da un'auto imbottita di esplosivo. È morto da martire diranno i suoi estimatori e i suo fratelli di imprese terroristiche. È morto così come ha provocato la morte a tanti innocenti, diranno i suoi avversari. Il motivo di tanto interesse? Imad Mughniyah ha dimostrato doti militari eccezionali che unite a un cinismo fuori dal comune gli ha permesso di pianificare azioni di straordinaria violenza e efficacia, in Libano come oltre confine. Su di lui, per trent'anni, pendeva una taglia degli Stati Uniti, d'Israele e della Francia. Paesi che avevano imparato a conoscere la sua ferocia segnata nel sangue di centinaia di vittime. Terrorista Phantomas: di lui solo una foto sbiadita di età giovanile. Infanzia difficile in una famiglia povera che sul finire degli anni sessanta si trasferì a Beirut nei sobborghi meridionali, quelli abitati dagli sciiti. E Imad frequentò le scuole della Shiah fino all'inizio del 1975 quando iniziò la guerra civile e lui scelse di arruolarsi nelle milizie di Fatah per difendere la resistenza palestinese. Descritto da chi lo conobbe in quegli anni: uomo pio e tollerante, difensore dei deboli. Così si spiega la scelta di arruolarsi con Fatah per difendere le ragioni del popolo palestinese rifugiato in Libano. Non trascorre molto tempo che Imad diviene uno dei comandanti più apprezzati della milizia. Grande capacità militari e carismatiche gli consentono di arruolare molti giovani. Al suo impegno militare associa quello religioso frequentando assiduamente la moschea sciita di Beirut Est dove predica l'ayatollah Mohammed Hussein Fadallah, uno dei fondatori del Partito di Dio, gli Hezbollah. Mughniyah diviene il capo scorta dell'ayatollah che aveva subìto già due attentati dalle milizie cristiano-falangiste. All'orizzonte due avvenimenti che cambieranno il destino di Imad. L'invasione israeliana del Libano e la formazione della milizia armata di Hezbollah. Nel 1982, l'esercito di Tel Aviv avanza fino a Beirut sconvolta dalla guerra civile. È il momento dei massacri e dei regolamenti dei conti tra le varie milizie libanesi. L'Onu invia un contingente internazionale per dividere i contendenti. Hezbollah si sta organizzando e Mughniyah diventa il capo delle operazioni speciali e prende il nome di Hajj Radwan. E subito Imad sfodera il suo genio militare e dà vita a una nuova arma di distruzione: i martiri, gli shahid, i kamikaze. Prima dimostrazione l'attacco simultaneo a Beirut nel 1983 alle caserme dei marines, 241 vittime, e dei parà francesi, 63 morti. È la prima vittoria di Imad: americani e francesi, seguiti da lì a poco dall'Italia, lasciano il Libano. Imad diviene il super-ricercato. E lui non si ferma e alimenta il suo mito con dirottamenti aerei spettacolari: uno tra tutti quello del volo TWA nel 1984. Il jet viene fatto atterrare a Beirut: è di quegli anni l'ultima foto disponibile di Imad Mughniyah: lui con la pistola che minaccia il pilota. Un'altra foto lo ritrae con i suoi complici, sotto l'aereo, mitra in pugno. In quell'anno viene ucciso il fratello Jihad di 28 anni da un bombardamento israeliano. Imad lo vendica sequestrando e uccidendo un agente della Cia. Qualche anno dopo la morte dell'altro fratello, Fuad, con un'autobomba attribuita al Mossad. Imad impazzisce. Decide di portare la guerra fuori dai confini del Medio Oriente. Mughniyah si muove per il mondo con il passaporto n°432298 intestato a Hajj Radwan e così mette a punto il piano per colpire l'ambasciata d'Israele a Buenos Aires. E il 1994, e Imad sembra scomparire. Lo segnalano in Sudan per un vertice con Osama Bin Laden, all'epoca lì in esilio. Sicuramente Imad incontrerà gli emissari di Al Qaeda nel 1996 a Teheran durante un vertice di gruppi integralisti impegnati a mettere a punto piani di stragi contro Israele e gli Stati Uniti. E non poteva mancare Imad, il pianificatore. Nessuno però sembra più sapere che fine abbia fatto. Una foto datata del suo volto, nessuna possibilità di infiltrare il suo entourage. Soprattutto Imad Mughniyah si tiene lontano dalla scena politica, lavora in segreto per preparare l'assalto a Israele secondo il progetto iraniano chiamato il «Giorno del giudizio» che vorrebbe la distruzione dello Stato d'Israele. Istruito in Iran nella Brigata di Al Qods, quella delle forze speciali dei pasdaran, il terrorista «senza volto» inizia a organizzare la resistenza Hezbollah. Più volte tra il 2000 e il 2006, Imad lascia il suo rifugio a Damasco per andare nel Sud del Libano. Oltre il fiume Litani, Imad fa costruire bunker, depositi di armi - principalmente razzi Milan, Kornet e katiuscia - cunicoli sotterranei alla maniera dei vietcong. Sfrutta la costruzioni di nuove case sulle colline di Tbinin per trasformarle in osservatori così da controllare le posizioni «sioniste». Il rapimento di una pattuglia israeliana, nel giugno 2006, è il tocco di genio del terrorista. L'episodio sarà il casus belli. Israele invade il Libano e cade in una trappola. Le milizie Hezbollah non solo resistono, ma con azioni mordi e fuggi costringono Israele al ritiro. È la vittoria di Imad Mughniyah. «Una vittoria epica ed eroica conseguita grazie al nostro martire Imad», dirà durante l'orazione funebre il segretario generale Hezbollah Hassan Nasrallah. Imad Mughniyah si gode il suo successo a Damasco dove vive con moglie e figli. Ingrassato, occhiali da vista a goccia con lenti oscurate, fa vita riservata. Esce raramente. Si tiene in contatto con i suoi attraverso il telefono e il computer. Dorme poco, lavora giorno e notte, anche tre giorni senza dormire. Imad Mughniayh lavora a nuove imprese che puntano ad annientare Israele. Qualche volta, protetto dall'intelligence siriana, si reca in Libano nella Bekaa o nel Sud a controllare il dispiegamento della milizia incurante delle forze internazionali che devono sorvegliare il territorio e impedire il passaggio di armi. Scrive piani di nuove azioni. Non è escluso che abbia partecipato all'organizzazione dell'attentato a Rafik Hariri messo a segno da quattro esponenti dell'ala militare Hezbollah. Si impegna a trasferire la sua esperienza ad Hamas e altri gruppi della resistenza palestinese. Ma la sua lunga carriera di terrorista-Phantomas sta per finire. Qualcuno lo tradisce e un'autobomba lo fa saltare proprio nel giorno, 14 febbrario 2008, dell'anniversario della morte di Hariri, tre anni dopo. Il super-ricercato, il terrorista senza volto ora è un martire per il Libano. La sua foto in mimetica campeggia lungo tutte le strade del Paese dei Cedri. In suo onore e, in ricordo di quel dirottamento del 1984 dell'aereo TWA, gli stata dedicata la strada che dal quartiere di Haret Horelk conduce, tagliando tutti i quartieri sciiti a sud della capitale libanese, all'aeroporto internazionale di Beirut. «Avenue Imad Mughniyah» con tanto di lapide e foto. Il terrorista è un martire: «Era pronto a versare il suo sangue e indossava il kafan (l'abito funebre islamico ndr) sin dalla gioventù, costruiva la vittoria e chiedeva il martirio», lo ricorderà il capo degli hezbollah, Hassan Nasrallah, Negli anni, prima di morire, Imad ha versato tanto sangue innocente. domani Bin Laden

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