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Occhio alla generazione vincente

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L'Italianon è fatta soltanto di precari o di esempi «negativi» (il laureato che non trova posto, il ragazzo specializzato e con in mano un master che lavora in call center) ma anche di persone, non molto in là con l'età, che ce l'hanno fatta. Generazione «s» come «slash»: chi ha scelto una carriera multipla; come «sharing»: chi ha fatto della condivisione uno stile di vita; «social»: come chi comunica nel web 2.0, ha spiegato su internet il (giovane, restiamo in tema), conduttore Alessandro Rimassa. E non solo. Chi siede nello studio di La3 suscita invidia. Ecco due esempi: un «artigiano» di video game Federico Fasce e Stefano Poletti, regista di video clip musicali (suoi tra l'altro alcuni lavori per i Baustelle). E c'è da divertirsi perché, tra le domande del conduttore Rimassa, c'è anche la seguente: «Cosa butteresti e cosa salveresti dell'Italia?». Se ne sentono di tutti i colori e, gli intervistati, danno risposte fin troppo pratiche. Dice Federico Fasce: «Butterei l'anticipo dell'Iva, è devastante. Terrei Arduino (piattaforma hardware, ndr), simbolo dell'inventiva e del design italiano». Gli fa eco il regista Stefano Poletti: «Butterei il modello che ci fornisce la tv, terrei le persone, l'italianità e le donne: bellissime». Scendiamo nei particolari: singolare la storia del regista Poletti, che ha iniziato la sua carriera con uno stage, dopo la laurea al Dams di Bologna «dove ti insegnano soprattutto la teoria». Dopodiché, nel «vivace» - come lui stesso lo ha definito - ambiente milanese, ha fatto i primi passi nel mondo della regia. Soprattutto pubblicità e video-clip, per l'appunto. Il cinema? Certo, è considerato un punto d'arrivo per qualsiasi regista ma il problema è che la «residenza» del cinema è a Roma (e in mano a pochi, diciamola tutta) mentre lui adora vivere all'ombra del Duomo. Comunque sia, sia l'uno che l'altro lavorano con l'Italia e per l'Italia, con uno sguardo al mercato internazionale. «Generazione S», come ha raccontato lo stesso conduttore, nasce come speranza e alternativa alla tristemente nota «Generazione dei 1.000 euro», quella dei sottopagati, pagati male e senza contributi sulla busta paga.

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