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Il coraggio televisivo di Stella Pende

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Èquesto che racconta la trasmissione condotta da Stella Pende il martedì in seconda serata su Italia 1 dal titolo «Confessione reporter». Inviare giornalisti a frugare nella vita privata dei giapponesi rimasti a Roma e travolti dal terremoto o ficcare il naso negli affari afgani o iraniani e scoprire che i gay, in quei Paesi, vengono condannati a morte, assomiglia a una vera missione di vita. E Stella Pende e i suoi non si fanno intimidire dal divieto di governi che di giornalisti sul loro territorio non ne vogliono sentir parlare. Perché ormai il mondo dialoga con un linguaggio comune: internet. È attraverso foto scattate dal telefonino o filmati girati con mezzi di fortuna che ci arrivano immagini crude, di sparatorie e bombardamenti, di gente che strilla, di ragazzi impiccati. Così, da repoter, Stella Pende raccoglie testimonianze in Iran: da lì viene fuori un dato: nel 2010 sono state giustiziate 346 persone. Si parla di ragazzi omosessuali costretti alla clandestinità, attraverso il filmato del regista Alessandro Golinelli. A far da corollario la storia di Ebraim, condannato alla lapidazione; a far da contraltare la testimonianza di un avvocato italiano: a due di quei giovani è riuscito ad assegnare il ruolo di rifugiati politici. Ora vivono in Italia e sono in salvo. E oltre ai reportage, oltre alle fotografie scattate qui e lì nel mondo, nella trasmissione ci sono anche i racconti di semplici ed eroici gesti quotidiani. Così finisce in tv la storia di due donne: si chiamano Aimee Mullins e Giovanna Fabbri. La prima non possiede gli arti inferiori (ma nella vita è una sportiva e una modella di successo); la seconda ha perso l'uso delle gambe (ora ha una bambina di nome Greta, che adora). Quest'ultima ha tatuato dietro al collo la scritta Alive. Dopo un susseguirsi di eventi tragici e una storia amorosa poco convincente, arriva un uomo: un architetto. Lui la fa viaggiare a bordo della sua vespa e, soprattutto, le ridà la voglia di vivere. Ora la sua seconda chance si chiama Greta, la figlia. Il bello di «Confessione reporter» sta tutto nel racconto: non solo notizie che ci piovono in testa da chissà dove ma spiegazioni e, soprattutto, approfondimenti.

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